tag:blogger.com,1999:blog-38290932999677311382024-03-13T10:20:20.355+01:00Letture PrecarieDiario di bordo di una lettrice_Silviets_http://www.blogger.com/profile/06004092448401440789noreply@blogger.comBlogger100125tag:blogger.com,1999:blog-3829093299967731138.post-46522943150017256762015-04-19T09:29:00.001+02:002015-04-19T09:29:27.093+02:00"Stalin + Bianca", Iacopo Barison<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
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<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjmV5aRCHJl59NTGObP-FU-AmvvCIC-qAiOpVm283dLIaq-TCezt5c3xRf7o-ANHNiJwT2hGN1PQ-btZkY2T_NkbjQuO2ouSqKH4AViAth0r_dRSojeD65qUjUwiL9-A92a56PlHybNPK4/s1600/stalin_cover_store.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjmV5aRCHJl59NTGObP-FU-AmvvCIC-qAiOpVm283dLIaq-TCezt5c3xRf7o-ANHNiJwT2hGN1PQ-btZkY2T_NkbjQuO2ouSqKH4AViAth0r_dRSojeD65qUjUwiL9-A92a56PlHybNPK4/s1600/stalin_cover_store.jpg" /></a></div>
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Purtroppo il tempismo non è dalla mia parte nello scrivere di questo libro. Pochi giorni fa, infatti, "Stalin + Bianca" non ce l'ha fatta, e non è entrato a far parte della rosa di semifinalisti del premio Strega. Eppure è straordinario che un piccolo libro di un ragazzo giovanissimo come Iacopo Barison (classe 1988), edito dalla casa editrice indipendente Tunué nella collana Romanzi, curata da Vanni Santoni, sia stato nominato e preso in considerazione per un premio che molto spesso ha fatto dell'immobilismo e della convenzionalità il proprio marchio di fabbrica. Che le cose stiano finalmente cominciando a muoversi? Barison nonostante la giovane età ha già pubblicato un romanzo, apparso sul suo blog (<a href="http://iacopobarison.blogspot.ie/">Xanax & Co.</a>), e collabora con <a href="http://www.minimaetmoralia.it/wp/author/iacopobarison/">minima&moralia</a>. "Stalin + Bianca" prende il nome dai due protagonisti di questa storia: Stalin ha 18 anni, dei grandi baffi che gli sono valsi il suo soprannome, e un grave problema di gestione della rabbia. Ha solo due amici: Jean, un vecchio guardiano che in realtà lo sfrutta, e Bianca, una bella ragazza cieca, per cui Stalin nutre un amore platonico. Il ragazzo vorrebbe fare il regista, ma passa le sue giornate lavorando in un cinema multisala e svolgendo lavoretti per Jean, in una grigia periferia degradata e anonima. Dopo una violenta lite con il compagno della madre, convinto di averlo ucciso a causa della sua incontrollabile furia, Stalin decide di fuggire insieme a Bianca. Senza denaro e senza prospettive, i due ragazzi intraprendono un viaggio attraverso una nazione sull'orlo del baratro, in uno scenario quasi apocalittico, dove gli arcobaleni si sono estinti e con essi la speranza. Nessun luogo, nessun personaggio, eccezion fatta per i due protagonisti, viene nominato. Il Paese che i due ragazzi attraversano potrebbe essere l'Italia, oppure no, e l'apocalisse che la telecamera di Stalin immortala potrebbe essere il presente, oppure no. Tutto fa da sfondo alla storia di questo ragazzo. Ma non aspettatevi un romanzo di formazione o un viaggio della speranza: tutto appare immobile, statico. Nulla si evolve davvero, in primis non lo fa Stalin, e nel finale nessun arcobaleno compare a illuminare il suo cammino. </div>
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Questa storia molto triste e dai toni spesso claustrofobici, è scritta molto bene. Iacopo Barison scrive con grande talento e alcuni passaggi sono estremamente poetici. Fa un uso del dialogo davvero interessante e mai banale: i discorsi tra Bianca e Stalin, spesso sfociano in silenzi che vengono riempiti dai pensieri del ragazzo, ma il passaggio è tanto naturale che il ritmo della narrazione non subisce variazioni, e il flusso di coscienza è strumento necessario per dar voce al protagonista. Ciò che potrebbe migliorare la sua scrittura è solo un pizzico di naturalezza in più (dietro ogni parola si sente il lavoro e la ricerca minuziosa che l'autore ha compiuto, ma in alcune occasioni questo fa suonare l'intero passaggio poco naturale, vagamente forzato), ma l'esperienza di certo giocherà un ruolo decisivo in questo. "Stalin + Bianca" è qualcosa di molto nuovo e diverso per il panorama letterario italiano, è una boccata d'aria fresca, un romanzo dal respiro meno provinciale di molti libri che ogni anno vengono pubblicati nel nostro Paese. Di certo sentiremo ancora parlare di questo giovane scrittore, vi consiglio di tenerlo bene a mente. </div>
_Silviets_http://www.blogger.com/profile/06004092448401440789noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3829093299967731138.post-25160476103783658902015-03-31T00:01:00.000+02:002015-03-31T00:01:56.189+02:00“Storia di chi fugge e di chi resta”, Elena Ferrante<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjdKNJrgDArWEOGW8eIVvAm1D_f-3PVG4ffpK-2lnQoXR6P_k-oUUta7_GXhg6OHkxt-J4eUg_TfbtEhjKuMMoCmp4NrVP8ntKAHpKRW8NoqlT8WTWFTz_ClVc08mv7SwZPIj5_CwH4YTE/s1600/fer_1.jpeg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjdKNJrgDArWEOGW8eIVvAm1D_f-3PVG4ffpK-2lnQoXR6P_k-oUUta7_GXhg6OHkxt-J4eUg_TfbtEhjKuMMoCmp4NrVP8ntKAHpKRW8NoqlT8WTWFTz_ClVc08mv7SwZPIj5_CwH4YTE/s1600/fer_1.jpeg" height="320" width="203" /></a></div>
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Non si fa altro che parlare di Elena Ferrante, a quanto pare, e non solo in Italia. Anche all’estero, escono le traduzioni dei suoi libri, si pubblicano recensioni e articoli in cui si fanno congetture sulla sua identità. Qui in Inghilterra non vi è libreria in cui non sia esposta la tetralogia napoletana, in moltissime librerie Waterstone (dove i commessi espongono sugli scaffali i loro libri preferiti, apponendo fascette ad hoc in cui spiegano cosa amano e perché il cliente dovrebbe leggere un certo romanzo) “L’amica geniale” è indicata tra i “colpi di fulmine” dei lettori. In Italia insieme alla fama della tetralogia cresce la schiera dei suoi detrattori, in uno stile che, come avevo gia denunciato in un <a href="http://letture-precarie.blogspot.co.uk/2014/11/elena-ferrante-o-di-come-i-critici.html" target="_blank">post precedente</a>, è molto italico (e alquanto odioso). Sei famoso e vendi? Ti amano all’estero? Per forza ti dobbiamo snobbare (arrivando al punto di paragonare i tuoi libri a dei romanzetti rosa un po’ pruriginosi), dobbiamo odiare ciò che scrivi e trovare qualcosa di losco nel tuo successo. Se poi sei una donna (forse) che scrive di donne, e se non vuoi mostrare da anni il tuo volto ai giornalisti e ai tuoi lettori, allora sei anche colpevole di qualche strano giochetto editoriale, di codardia o di chissà quale altro imperdonabile crimine. Ho già scritto un paio di volte di Elena Ferrante (troverete nel blog la recensione de <span style="font-family: sans-serif;"><a href="http://letture-precarie.blogspot.co.uk/2013/12/lamica-geniale-elena-ferrante.html"><span id="goog_938039747"></span>“L’amica geniale”<span id="goog_938039748"></span></a></span>), e sono una delle sue ammiratrici, seppur non della prima ora. Il mondo dei lettori a quanto pare si divide tra i suoi accaniti fan e i suoi imbestialiti antagonisti. Con la candidatura allo Strega, preparatevi a sentirne molto parlare (male o bene).</div>
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Ma passiamo a cosa davvero mi/vi interessa: “Storia di chi fugge e di chi resta”. Lena e Lila sono cresciute. Lena ha studiato alla Normale di Pisa, si è laureata, ha conosciuto Pietro Airota, figlio di una famosa coppia di intellettuali e accademici, e sta per sposarlo. Ma soprattutto l’avevamo lasciata alla fine di “Storia del nuovo cognome” a presentare il suo primo romanzo e a ritrovarsi davanti, dopo anni, il suo primo amore, Nino Sarratore, tornato dal passato come un fantasma. Lila invece vive la sua difficile condizione di donna separata e di madre single. Lavora in una fabbrica di insaccati e deve lottare per la sopravvivenza quotidiana con la sua solita ferocia. Come spesso è accaduto nel passato, la loro amicizia sembrava finita, ma poi, nel momento del bisogno, Lila è ricomparsa, portando squilibrio e insicurezza nella vita di Elena. Questa si trasferisce a Firenze e comincia la sua nuova vita di moglie e madre, divisa tra il suo bisogno di primeggiare e lavorare al suo secondo romanzo, l’impegno politico, e il suo desiderio di dimostrare al mondo, a Lila, ma soprattutto a se stessa, di aver meritato il proprio successo, ma anche tra la maternità, la mancanza di tempo, la dura scoperta della vera natura di Pietro, egoista e problematico, concentrato solo sulla propria carriera e insensibile ai bisogni e ai desideri della moglie. Lila e Lena crescono e affrontano la disillusione della vita, a distanza ma in qualche modo unite dal loro rapporto di amore e odio, di viscerale sorellanza e di morbosa competizione. Le insicurezze di Lena sono le insicurezze di tutte noi: sempre alla ricerca della perfezione, del miglioramento, ma non per un bisogno personale, quanto per mettere a tacere la paura di non essere all’altezza di coloro che la circondano, di non essere degna della loro fiducia. Nonostante l’università e la carriera di scrittrice, Elena Greco resta Lenuccia, la ragazzina insicura del rione, che cerca disperatamente l’approvazione di tutti, che tenta di dimostrare di essere migliore di Lila, suo punto di riferimento e modello. Il loro rapporto contorto, spesso incomprensibile e contraddittorio, è il motore e l’anima di questo terzo capitolo della tetralogia. L’amore è forte ma a tratti pare dominare l’odio, la volontà di ferire e di ferirsi. Perché se Lila soffre, soffre anche Lena, ma questo non le ferma nel loro gioco autodistruttivo. Lila continua a vedere nell’amica la sua via di fuga dal rione, da Napoli, dalla grama vita a cui è stata destinata, ma nel far ciò diventa spietatamente esigente e crudelmente critica verso l’amica, che invece vorrebbe solo sentire l’appoggio, l’approvazione e, soprattutto, l’invidia dell’altra, la sua ammissione di aver perso la guerra instaurata nell’infanzia. Ma Lena e Lila sono indivisibili perché sono una diversa sfaccettatura della stessa donna, forte, indomita, incapace di accettare in silenzio le regole imposte da un mondo in cui sono gli uomini a dominare, in cui le donne hanno potere tra le mura di casa e solo se fanno il gioco dei loro padri, fratelli, mariti. Gli uomini, nella tetralogia de “L’amica geniale” sono tutti tristemente uguali, qualunque sia la loro estrazione sociale e la loro educazione. Deboli, spaventati dai cambiamenti del mondo (in questo libro stiamo attraversando gli anni ’70 con le loro rivoluzioni culturali e con la nascita del movimento femminista), violenti quando sentono vacillare il dominio imposto alle loro donne. Ma se le loro madri hanno sempre accettato il giogo e la violenza, rinunciando alle ambizioni personali a scapito dei bisogni dei loro mariti, Lila e Lena sono diverse, sono embrioni di donne moderne, che vogliono emanciparsi, che vogliono i loro desideri (anche sessuali) diventare realtà, ma che ancora devono scontrarsi con l’educazione loro impartita, con la cultura forte e difficilmente cancellabile del rione. È emblematico che Lena tenti di far parte di un gruppo di intellettuali femministe a Firenze, o cerchi di accettare le idee e il comportamento della cognata Mariarosa, libertina, comunista e fortemente femminista, ma che in fondo tenda sempre a giudicare con gli occhi di sua madre, la verace casalinga napoletana che si scandalizza per un matrimonio civile. Ma questo rende le due protagoniste delle donne vere di un’epoca che ormai potrebbe sembrare lontana, donne combattute e sfaccettate, che cercano di conquistare la libertà coi loro mezzi personali e non attraverso il percorso prestabilito da altri. Lo stesso vale per la lotta sindacale di Lila, che rinuncia formalmente al supporto del partito comunista e intraprende una battaglia personale, quasi fisica, contro il suo datore di lavoro.</div>
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“L’amica geniale” e i romanzi che compongono questa tetralogia sono moltissime cose, ma di certo non sono un romanzetto rosa per casalinghe disperate. Sono una storia vera e vibrante di donne che lottano, spesso con metodi sbagliati, per ottenere una vita migliore. Sono una storia d’Italia vista con gli occhi dei più deboli, dove i grandi fatti sono sfondo di esistenze vere, e tragedie personali e storia si mescolano, diventano inseparabili. È una storia di amicizia e sorellanza che sconfigge il tempo, è il racconto di due donne che vogliono farcela.</div>
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Non so se Elena Ferrante sia una donna, un uomo, un gruppo di scrittori, un’operazione commerciale ben architettata e riuscita. Ma so che “Storia di chi fugge e di chi resta” è l’ennesimo splendido libro che porta questo nome in copertina. Vedremo quale sarà il verdetto dello Strega, vedremo molti, moltissimi altri articoli in cui si faranno congetture, in cui si criticherà, in cui si faranno paragoni ridicoli, molti, moltissimi altri in cui si loderà con passione l’opera di questo fantasma letterario. Non so quanto questo possa giovare al panorama culturale italiano, non so neppure se questo davvero mi interessi. Ma come lettrice non vedo l’ora di leggere “Storia della bambina perduta”, perdermi tra le sue pagine, amare, odiare, vivere con Lila e Lena per un’ultima indimenticabile volta. </div>
_Silviets_http://www.blogger.com/profile/06004092448401440789noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3829093299967731138.post-91131857097405457072015-03-29T18:04:00.000+02:002015-03-29T18:04:36.588+02:00“Il Baco da Seta”, Robert Galbraith<div style="text-align: justify;">
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<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg33KaG4cbsNqMRuxVb1gtCIvStkht8BBNiIA7djQ3e8_G4g3_BDLCM9dYT8HDBI9WbM6ZB3GlvD-RQu2F329TWGN2h1qGn_9NMmmfmf-kp2xzJjD4xHmpWrjyo2V7L7jn-eAz75SLHo-g/s1600/Il-baco-da-seta-Siamo-buoni-Il-guardiano-del-faro_kindlephoto-218662783.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg33KaG4cbsNqMRuxVb1gtCIvStkht8BBNiIA7djQ3e8_G4g3_BDLCM9dYT8HDBI9WbM6ZB3GlvD-RQu2F329TWGN2h1qGn_9NMmmfmf-kp2xzJjD4xHmpWrjyo2V7L7jn-eAz75SLHo-g/s1600/Il-baco-da-seta-Siamo-buoni-Il-guardiano-del-faro_kindlephoto-218662783.jpg" height="320" width="203" /></a></div>
Cormoran Strike ritorna dopo il successo de “Il richiamo del cuculo”. Sono passati alcuni mesi da quando il detective ha risolto il misterioso caso Lula Landry, la supermodella londinese precipitata dal balcone di casa propria. La fama acquistata grazie al caso Landry lo ha aiutato a espandere la propria clientela, a sistemare le proprie finanze, e così facendo ha potuto offrire un posto fisso alla fida e brillante Robin, la segretaria che lo ha aiutato in precedenza. Le loro esistenze stanno lentamente tornando alla normalità, da quando l’interesse della stampa è calato. Robin sta per sposare Matt, nonostante le divergenze che riguardano il lavoro della ragazza, che il fidanzato non approva; Cormoran ha finalmente un appartamento, si occupa di più del proprio moncherino, ha molto lavoro, per lo più amanti, mogli e mariti fedifraghi da sorvegliare, e sta dimenticando Charlotte, dopo sedici anni di burrascosa relazione. Un giorno la tranquilla routine del detective e della sua assistente viene sconvolta dall’arrivo in ufficio di Leonora Quine, che denuncia la scomparsa del marito, lo scrittore Owen Quine. L'uomo si è dato alla fuga dopo una furiosa lite pubblica con la sua agente, a causa del suo ultimo libro, <i>Bombyx Mori</i>, il baco da seta, un romanzo crudo e allegorico in cui lo scrittore si dipinge come vittima di una serie di personaggi, in cui sono facilmente individuabili persone autorevoli dello scenario editoriale londinese: oltre alla moglie e all’amante, Kathryn Kent, infatti Quine deride e accusa la propria agente, Elizabeth Tassel, il suo editor, Jerry Waldegrave, l’editore, Daniel Chard, e un famoso scrittore di fama internazionale, Michael Fancourt, suo acerrimo nemico da anni. Il libro non ha visto le stampe, a causa del suo contenuto volgare e diffamatorio, ma l’intero panorama editoriale e culturale londinese ne parla, proprio per via delle dure accuse che Quine, allegoricamente ma non troppo, lancia a coloro che considera i fautori della propria sfortuna letteraria. Il romanzo si conclude con i sette personaggi che <i>Bombyx Mori</i> incontra lungo il suo viaggio che lo uccidono e fanno scempio del suo corpo, banchettando della sua carne. Cormoran inizia la ricerca, tentando di capire meglio Quine, un narcisista eccentrico e piuttosto perverso, e di carpirne i segreti attraverso i reticenti racconti della moglie, i pettegolezzi e le mezze verità degli addetti ai lavori della sua casa editrice. Ma la situazione precipita quando il corpo di Quinde viene ritrovato, orribilmente mutilato e sventrato, come quello del protagonista del suo romanzo. Tutti gli indizi portano a Leonora, ma l’istinto di Strike lo spinge a indagare, per tentare di risolvere un mistero sempre più fitto. Chi poteva conoscere il finale di un libro tenuto segreto? E chi odiava Owen Quine a tal punto?</div>
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J.K.Rowling torna a scrivere sotto lo pseudonimo di Robert Galbraith e torna con un giallo molto ambizioso. Caduta la maschera di anonimato che l'aveva protetta all'uscita de "Il richiamo del cuculo", le aspettative erano tante, soprattutto tra i suoi fans. E queste probabilmente rimarranno solo parzialmente soddisfatte. La Rowling scrive bene, come già detto in precedenza dopo l'uscita de "<a href="http://letture-precarie.blogspot.co.uk/2013/04/il-seggio-vacante-jk-rowling.html" target="_blank">Il seggio vacante"</a>, ha un'ottima capacità di descrivere i personaggi, di renderli umani e vivi. La narrazione è piena di ritmo, difficilmente ci si stacca dal libro prima del finale. Ma l'opera è forse un po' troppo pretenziosa nell'insieme. Mette moltissima carne al fuoco che però poi viene un po' dimenticata (io sono checoviana, se nella prima scena del dramma, c'è un fucile appeso alla parete, questo dovrà sparare nell'ultimo atto). Forse ambientare un giallo nel mondo dell'editoria è un po' pericoloso, visti i complessi meccanismi che la regolano, anche se è molto interessante la critica che la Rowling rivolge ai propri colleghi e collaboratori (con meno volgarità e più classe del <i>Bombyx Mori</i> di Quine, ma anche lei pare togliersi qualche sassolino dalla scarpa). Di certo è un poliziesco molto piacevole seppur con qualche pecca narrativa, ma forse meno riuscito de "Il richiamo del cuculo".</div>
_Silviets_http://www.blogger.com/profile/06004092448401440789noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3829093299967731138.post-78958860169697280732015-03-12T23:36:00.000+01:002015-03-12T23:36:18.791+01:00“Longbourn House” , Jo Baker<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgKwVKecE2UYuDE2N2fSOCbSJBJy-SjH-Wu3Myk73e5dTFA7KPkxbs9ock6SHTpud3VOaZLK3dY8eHFCnVRr6MUmPHwJqrg_7eHuUpNmECCy5qhXGaWDbTVu2C03YSUU98245nYG-5rNoA/s1600/Longbourn-House-187x300.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgKwVKecE2UYuDE2N2fSOCbSJBJy-SjH-Wu3Myk73e5dTFA7KPkxbs9ock6SHTpud3VOaZLK3dY8eHFCnVRr6MUmPHwJqrg_7eHuUpNmECCy5qhXGaWDbTVu2C03YSUU98245nYG-5rNoA/s1600/Longbourn-House-187x300.jpg" height="320" width="199" /></a></div>
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Longbourn si sveglia prima dell’alba, al canto dei galli, e subito cominciano le frenetiche faccende per portare alla vita la casa della famiglia Bennett. Sarah, strofinando nell’acqua gelata le sottovesti inzaccherate di fango di Elizabeth Bennett, pensa che se la sua giovane padrona e le sue sorelle dovessero anche solo una volta occuparsi del proprio bucato, forse sarebbero più attente durante le loro passeggiate. Avete letto bene: Longbourn ed Elisabeth Bennett. Stiamo parlando di “Orgoglio e Pregiudizio” ma leggendo questo piacevole romanzo di Jo Backer non aspettatevi molte crinoline, nastri e the delle cinque, ma piuttosto torte che attendono di essere infornate, panni da lavare e pavimenti da spazzare. Siamo a casa Bennett, i Bingley sono appena arrivati a Netherfield Park, la milizia si sta accampando a Meryton, e le vicende delle sorelle più famose della letteratura inglese ci vengono raccontate dal punto di vista di coloro che in “Orgoglio e Pregiudizio” rimangono nell’ombra: la servitù. Sarah è la protagonista: ha vent’anni e, seppur Longbourn sia l’unico mondo che abbia mai conosciuto, sente che suoi piccoli confini la stanno soffocando. La sua vita, scandita dai ritmi delle faccende domestiche, viene sconvolta dall’arrivo del misterioso James Smith, assunto come cocchiere e domestico dai Bennett, che legge libri di filosofia e nasconde una borsa di conchiglie. Dapprima piena di speranze e di aspettative, il giovane è infatti il primo uomo, oltre a Mr Bennett e a un vecchio servitore, a fare parte della sua vita, Sarah ben presto si ritrova a detestare James e la sua alterigia. Fin dall’inizio è chiaro che la storia di James e Sarah, nonostante l’escalation di incomprensioni, l’orgoglio e il pregiudizio, sia destinata a seguire il destino di quella che sta sviluppandosi al piano superiore, tra Elizabeth Bennett e Mr Darcy. Ma purtroppo il percorso che porta alla felicità è costellato di ben altri ostacoli per coloro che provengono dalle fasce più povere della popolazione e James e Sarah dovranno lottare duramente per vedere il loro amore trionfare.</div>
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“Longbourn House” è un romanzo piacevole e senza particolare infamia né lode. La vita quotidiana della servitù in una casa di inizio Ottocento, di medie dimensioni e di limitati mezzi economici è descritta in modo molto veritiero, ed inoltre viene approfondito il contesto storico in cui si svolgono le vicende, del tutto assente nell'opera originale (oltre alle idilliache campagne inglesi c'è un'Europa flagellata dalle guerre e dal bonapartismo). Le storie della governante, Mrs Hill, di suo marito e della piccola Polly si intrecciano con le avventure di Sarah e James rendendo vivido e a tratti struggente il racconto. A non uscirne benissimo invece sono i personaggi principali di “Orgoglio e Pregiudizio”. Le sorelle Bennett sono oziose e frivole e, per quanto gentili con Sarah, sono spesso dipinte dalla loro cameriera come viziate ed egoiste. Mr Darcy viene affrontato direttamente dalla giovane solo una volta e l’impressione è che il pregiudizio di Elizabeth non fosse poi tanto infondato. Ma anche se avete amato molto il tagliente e sagace Mr Bennett dovrete subire una bella doccia fredda. Questo è un romanzo che può piacere sia ai fans di “Orgoglio e Pregiudizio” (è sempre bello tornare nei luoghi amati) ma che non è indirizzato esclusivamente a coloro che hanno letto il celeberrimo romanzo di Jane Austen. Le due opere infatti si integrano e procedono perfettamente in parallelo, e Polly, Sarah e Mrs Hill raccolgono le confidenze dei padroni, origliano le loro conversazioni, sono sempre presenti, seppur nell’ombra, ad ogni evento importante della famiglia Bennett, che ci viene quindi narrato da un punto di vista del tutto inedito.</div>
_Silviets_http://www.blogger.com/profile/06004092448401440789noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3829093299967731138.post-44914282092665866182015-02-22T10:29:00.000+01:002015-02-22T10:29:37.873+01:00"Noi", David Nicholls<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh-9cQCVtb4zAiGAOF3a0QvVSMcxDfb2clv6CTBiqUA-3XgNLYVugooTNySyP5jq48VtfGleAEEhnNjt124oxeBMhT_8ok7eJcC1VgxdAvbWvKl1RaFfttZlsgx6PjU0jaqtVxhXkgn5us/s1600/David+Nicholls,+Noi.jpeg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh-9cQCVtb4zAiGAOF3a0QvVSMcxDfb2clv6CTBiqUA-3XgNLYVugooTNySyP5jq48VtfGleAEEhnNjt124oxeBMhT_8ok7eJcC1VgxdAvbWvKl1RaFfttZlsgx6PjU0jaqtVxhXkgn5us/s1600/David+Nicholls,+Noi.jpeg" height="320" width="191" /></a></div>
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Douglas e Connie sono due persone completamente diverse. Connie è un'artista, sognatrice, caotica, Douglas è un biochimico, preciso, ossessivo nella sua ricerca dell'ordine e della perfezione. Eppure, nonostante le differenze, i due si innamorano e trascorrono venticinque anni insieme, tra alti e bassi. Fino a una notte d'estate, in cui Douglas viene svegliato da Connie che gli annuncia di volerlo lasciare non appena Albie, loro figlio, partirà per il college. Nonostante la crisi di coppia, la famiglia Petersen decide di partire per il "Grand Tour", un viaggio lungo un mese, in giro per l'Europa, per visitare i musei e le gallerie d'arte più famosi del mondo. Se per Connie questa rappresenta l'ultima vacanza della famiglia unita e per Albie è una tortura dover viaggiare con i propri genitori invece di andare a Ibiza con gli amici, per Douglas il viaggio rappresenta l'ultima possibilità di riconquistare Connie e salvare il suo matrimonio. Ma ben presto le tensioni accumulate negli anni hanno il sopravvento e il rapporto conflittuale tra padre e figlio intossica lo spirito della vacanza, tanto da indurre Albie, dopo l'ennesima lite con suo padre, a fuggire con Kat, una giovane artista di strada. Douglas si mette sulle sue tracce, in un disperato tentativo di riunire la sua disastrata famiglia, ricucire il rapporto con suo figlio e riconquistare il cuore di Connie.</div>
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"Noi" è il secondo romanzo di David Nicholls che leggo, dopo "Un giorno", il libro che lo ha reso famoso in tutto il mondo. Dall'amore tra due persone che crescono insieme, Nicholls passa ad un'altra generazione, quella dei cinquantenni. Se "Un giorno" mi era molto piaciuto perché (al netto della lacrimosa storia d'amore) rappresenta in modo molto veritiero e accurato il passaggio dagli spensierati vent'anni alla vera età adulta, "Noi" mi ha creato non poca ansia. Di nuovo il punto focale della mia attenzione non è la storia d'amore (un divorzio dopo venticinque anni insieme deve essere tremendamente straziante, ma Connie e Douglas sono oggettivamente due persone antitetiche, e a tratti ne sono fin troppo consapevoli), ma il complicato rapporto tra Albie e Douglas. Sia da un punto di vista di figlia, sia di potenziale futura genitrice, il circolo vizioso di tensioni, accuse, incapacità di dialogo tra padre e figlio (con la madre che tenta, con non troppo successo, di mantenere un ruolo neutrale) sono stati estremamente ansiogeni durante la lettura. Passavo dall'immedesimarmi con l'uno e con l'altro personaggio, sentendo sempre e comunque il peso di questo muro di incomunicabilità tra i due, la frustrazione di tutti quei tentativi fallimentari di distendere le cose. La colpa, in questo caso come in quasi tutti i casi, non sta mai da un'unica parte ed è un buon esercizio sentire le ragioni di entrambe le generazioni.</div>
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Nicholls è un buono scrittore. Ha un acuto senso dell'umorismo e, forse per la sua esperienza come sceneggiatore televisivo e cinematografico, le sue storie non sono mai banali nel loro svolgimento e i personaggi e il loro mondo sono coinvolgenti e vivi. Questo fa di " Noi" un libro che si legge con piacere, anche se mai a cuor leggero.</div>
_Silviets_http://www.blogger.com/profile/06004092448401440789noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3829093299967731138.post-16988522277295043622015-01-24T17:07:00.000+01:002015-01-24T17:07:31.082+01:00"Il cardellino", Donna Tartt<blockquote class="tr_bq" style="text-align: center;">
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<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgDIOKfsRhQ9luU5giPfFYygf8ZTPLnTXCNUkLg_LpXgLtZ9wDTVVsX254vJVdGw08q1cfQYEGt1jbIIAfPzTk2B87O-N3mavZdH24O6l6KPdQZ_LkJpc15ohDX-EiLxbr8k3K9cl1LVlQ/s1600/FABRITIUS_001.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgDIOKfsRhQ9luU5giPfFYygf8ZTPLnTXCNUkLg_LpXgLtZ9wDTVVsX254vJVdGw08q1cfQYEGt1jbIIAfPzTk2B87O-N3mavZdH24O6l6KPdQZ_LkJpc15ohDX-EiLxbr8k3K9cl1LVlQ/s1600/FABRITIUS_001.jpg" height="320" width="212" /></a></div>
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<i>And I feel I have something very serious and urgent to say to you, my non-existent reader, and I feel I should say it as urgently as if I were standing in the room with you. That life – whatever else it is – is short. That fate is cruel but maybe not random. That Nature (meaning Death) always wins but that doesn’t mean we have to bow and grovel to it. That maybe even if we’re not always so glad to be here, it’s our task to immerse ourselves anyway: wade straight through it, right through the cesspool, while keeping eyes and hearts open. And in the midst of our dying, as we rise from the organic and sink back ignominiously into the organic, it is a glory and a privilege to love what Death doesn’t touch</i></blockquote>
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“Il cardellino” è un piccolo e prezioso dipinto fiammingo del 1654. Il suo autore, Carel Fabritius, morì tragicamente nell’esplosione dell’arsenale di Delft lo stesso anno e con lui scomparve anche gran parte della sua inestimabile opera. Questo piccolo dipinto è il cuore del terzo romanzo di Donna Tartt (per il quale è stata insignita del Premio Pulitzer nel 2014) e come il suo protagonista è un sopravvissuto. Theo Decker è un tredicenne di Manhattan che vive solo con la madre, dopo che il padre, un ex attore di scarso successo, alcolizzato e malato di gioco d’azzardo, li ha abbandonati. A causa di una sospensione ottenuta nella sua costosa scuola privata, Theo e sua madre decidono di passare una mattinata al Metropolitan Museum of Art dove è temporaneamente esposto il dipinto preferito della donna, “Il cardellino”, appunto. Durante la visita un attacco terroristico distrugge il museo e Theo si ritrova orfano. Nella confusione del momento il ragazzino ruba il piccolo dipinto fiammingo, che da allora diventa sua personale ossessione e talismano. La morte della madre divide la vita di Theo in due parti, un prima e un dopo la tragedia. Sconvolto, spaesato e divorato da un dolore che lo isola sempre di più dal mondo esterno, dapprima viene affidato a una ricca famiglia di conoscenti, I Barbour, poi al padre e alla sua compagna Xandra, che misteriosamente ricompaiono nella vita di Theo e lo trascinano a Las Vegas. Qui Theo conosce quello che diventerà il suo grande amico e la sua nemesi, Boris, un novello Jack Dawkins (o un Lucignolo noir) che porta colore a ogni pagina in cui compare, ed è forse il personaggio meglio riuscito dell’opera. I due cominciano a vivere una vita in cui gli adulti non sono quasi mai presenti (e le loro incursioni generalmente hanno conseguenze violente e dolorose), una vita fatta di droga e alcol, piccoli furti ed espedienti di vario tipo. Ma mentre Boris cerca il divertimento sfrenato, Theo, affetto da una sempre più devastante sindrome post-traumatica, tenta di distruggere se stesso e avvicinarsi pericolosamente alla morte. Al suo ritorno a New York viene preso in cura da un venditore di antiquariato, Hobie, il cui socio in affari è rimasto vittima dello stesso attentato che ha ucciso la madre di Theo. Con lui quel giorno c’era Pippa, una diafana teenager dai capelli rossi, rimasta gravemente ferita durante l’esplosione. Theo coltiva un segreto e ossessivo amore per la ragazza, che vede come l’unica persona che possa davvero comprendere il suo devastato mondo interiore, e allo stesso tempo si rifugia nella bottega di Hobie, in mezzo ai suoi mobili antichi, cercando sicurezza e riparo nelle pieghe del legno ben restaurato, negli oggetti vissuti, sotto l’ala protettrice di questo uomo che è anche egli un po’ fuori dal tempo, coi suo modi gentili e la sua delicatezza d’animo (in pieno contrasto con la sua stazza, che lo rende un po’ un gigante buono).<br />
“Il cardellino” e` un romanzo dal respiro antico. Innanzitutto la sua trama è decisamente Dickensiana (“Grandi Speranze” e “Oliver Twist” si fondono insieme e si trasferiscono negli Stati Uniti) con un orfano che deve imparare a badare a se stesso insieme a una guida, Boris, non troppo raccomandabile. Il suo stile invece mi ha ricordato i grandi romanzi russi: una vasta gamma di personaggi secondari che arricchiscono la narrazione, un intreccio complesso, un protagonista che è quasi un antieroe in balia del destino avverso, grandi passaggi descrittivi. In questo Donna Tartt ci offre un vero e proprio capolavoro della letteratura. Ogni personaggio, stato d’animo, paesaggio è descritto con minuzia maniacale, fino a restituire al lettore un oggetto in tre dimensioni, qualcosa di tangibile. La notte stellata nel deserto, il cane che incontra dopo dieci anni una persona che ha amato, il dipinto di Carel Fabritius, escono dalle pagine del libro, sono una cosa non solo reale, ma vera. Probabilmente ciò in cui eccelle la Tartt è però la grande capacità di destreggiarsi con i sentimenti: riesce davvero, come una direttrice d’orchestra, a creare una sinfonia perfetta, che tocca ottave elevatissime del pathos. Ma “Il cardellino” non è una mera riflessione sul dolore: il libro si dipana attraverso una trama fitta e complicata, passando per una lunga serie di crimini (e qui da “Grandi Speranze” passiamo a “Delitto e Castigo”). Il ritmo però non è quasi mai serrato, almeno per i buoni primi tre quarti del romanzo. Per questo non mi sono particolarmente stupita quando è stato dichiarato uno dei libri più abbandonati dai lettori sul dispositivo Kobo nel 2014. Si tratta di una lettura complessa e a tratti decisamente pesante, che può demoralizzare alcuni lettori. Ma se riuscirete a seguire il sofferto cammino di Theo verso l’età adulta, allora anche voi forse troverete un pezzettino di voi stessi o per lo meno uno splendido spunto di riflessione sul destino è la fatalità.</div>
_Silviets_http://www.blogger.com/profile/06004092448401440789noreply@blogger.com2tag:blogger.com,1999:blog-3829093299967731138.post-62141337732372270572014-11-21T11:12:00.001+01:002014-11-21T11:12:32.289+01:00"Open", Andre Agassi<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhNFj70mjZVD2SjsRzBUPO97PM08kSH1tHQ_ID5DLkPnfsllwJoSxq31MK70yV-PZesk1l3AoxXpGy2Yvil18QlBczdkMKU22U10491zC6FesQ2Z2bAezrqPao08u7ihEWSfOkPUQ6Fdo8/s1600/9835_Open.Lamiastoria_1318195699.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhNFj70mjZVD2SjsRzBUPO97PM08kSH1tHQ_ID5DLkPnfsllwJoSxq31MK70yV-PZesk1l3AoxXpGy2Yvil18QlBczdkMKU22U10491zC6FesQ2Z2bAezrqPao08u7ihEWSfOkPUQ6Fdo8/s1600/9835_Open.Lamiastoria_1318195699.jpg" height="400" width="255" /></a></div>
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Non avevo mai letto un'autobiografia prima d'ora e ho acquistato "Open" con grande curiosità, dopo aver visto comparire questo titolo in molte delle famigerate liste di "10 libri preferiti" in circolazione su Facebook qualche tempo fa. Sono arrivata un po' in ritardo, se devo essere sincera, visto che "Open" è uscito nel 2009. Di Agassi sapevo ben poco: "tennista pop star dalla lunga chioma bionda" probabilmente è la perfetta sintesi delle informazioni archiviate nella mia memoria prima di leggere questo libro. Invece ho scoperto che Andre Agassi è molto di più. Il suo racconto comincia all'alba del suo ritiro dal mondo del tennis, dopo una carriera lunga oltre 20 anni, 8 slam e una medaglia d'oro olimpica, e da subito facciamo conoscenza con un corpo devastato da anni di agonismo e di battaglie, combattute sotto il sole o la pioggia, in tutti i campi da tennis del mondo, davanti a milioni di occhi. Ma veniamo anche a conoscenza del grandissimo segreto di Agassi, un segreto decisamente difficile da immaginare: Andre odia, con tutte le sue forze e senza ombra di dubbio, il tennis. L'odio è nato quando, ancora bambino, veniva obbligato dal padre a trascorrere ore nel campo da tennis di fronte a casa, colpendo palle lanciate a folle velocità da un marchingegno artigianale che il piccolo Andre ha rinominato "Il drago". Nonostante il tennis non gli piaccia affatto, continua a giocare per non deludere suo padre. A nulla valgono le ribellioni e i colpi di testa (i capelli selvaggi, gli orecchini, le divise coloratissime), il suo destino è inesorabilmente segnato dalla volontà del padre e dal suo genuino talento. Dai tornei amatoriali fino a quelli professionisti, Andre ci accompagna attraverso una carriera straordinaria, segnata da infortuni, epiche vittorie, momenti bui, dalla rivalità con Sampras e Becker, al raggiungimento del sogno di suo padre: essere il numero uno del mondo. Agassi si apre completamente al suo lettore mostrando il proprio io, che fin dalle prime righe appare ben più complesso di quanto si potesse immaginare vedendo la sua immagine pubblica. A colpire sono le sue contraddizioni: la finta capigliatura bionda e gli abiti sgargianti, cozzano con la sua continua ricerca di cose genuine, come il rapporto con il fido Gyl e la sua famiglia; il matrimonio hollywoodiano con Brooke Shields sembra del tutto inconciliabile con il suo amore quasi commovente per la teutonica Steffi Graff. Eppure Andre Agassi è tutto questo e "Open" è un cammino verso l'accettazione delle proprie contraddizioni e una sofferta presa di coscienza che passa attraverso il dolore fisico e la depressione, per giungere all'equilibrio e alla felicità. Seppure circondato da migliaia di persone, il tennista è sempre e irrimediabilmente solo di fronte al proprio avversario, abbandonato a sé stesso di fronte alle difficoltà. Solo conoscendosi alla perfezione si può vincere la partita, calibrando le forze, imparando a capire chi sta oltre la rete, continuando a lottare punto su punto, anche quando tutto sembra perduto. E in questo sta la forza di "Open": è una storia di tennis ma che parla soprattutto di vita, e lo fa attraverso la voce di un uomo sincero e incredibilmente "umano" nella sua fragilità. Una bella lettura anche per coloro che non sono troppo interessati a questo sport.</div>
_Silviets_http://www.blogger.com/profile/06004092448401440789noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3829093299967731138.post-44571956461594303832014-11-06T22:59:00.002+01:002014-11-06T22:59:35.225+01:00Un libro è un libro<div style="text-align: justify;">
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<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgzTpbv_yy3lBQVyAbUwu6Jr1Px1CzVh67itKW1qQ-rsdy2-zf743ulW7HsoJbhWpF5NzDzyfvkorVS_fkLMmmgupWewVsx6MBVlVCSDwUe7ADjhN8O55VvJDNCSpTMNYyN3bjRqRchcWQ/s1600/IMG_20141106_215640.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgzTpbv_yy3lBQVyAbUwu6Jr1Px1CzVh67itKW1qQ-rsdy2-zf743ulW7HsoJbhWpF5NzDzyfvkorVS_fkLMmmgupWewVsx6MBVlVCSDwUe7ADjhN8O55VvJDNCSpTMNYyN3bjRqRchcWQ/s1600/IMG_20141106_215640.jpg" height="320" width="240" /></a></div>
<img src="webkit-fake-url://59AC5910-F763-4E28-95B8-903AC1E482E4/imagejpeg" /><img src="webkit-fake-url://9DFF2497-FB76-44C4-A3D5-54BDD8048E71/imagejpeg" />Anche Letture Precarie partecipa alla campagna "Un libro è un libro", contro la "discriminazione" degli ebook. Al momento quando acquistate un libro pagate l'iva al 4%, mentre acquistando un ebook la pagate al 22%. Questo è assolutamente insensato e non aiuta la causa della diffusione della lettura. Per carità, il profumo della carta, il volume che fa arredamento e bla bla bla, ma leggere è leggere e un libro è un libro, comunque la si pensi. I supporti digitali sono in piena crescita e la vendita di ebook è in aumento persino in un Paese poco avvezzo alla lettura come il nostro (solo un italiano su dieci legge almeno un libro all'anno!). Perché quindi svantaggiare questo nuovo mezzo (e avvantaggiare invece la pirateria)? Partecipare alla campagna è facilissimo. Visitate il <a href="http://unlibroeunlibro.org/" target="_blank">sito</a> dall'iniziativa (o il profilo twitter o la pagina facebook), scattatevi una foto con il pollice verso e pubblicatela su istagram o su twitter con l'hashtag #unlibroèunlibro. Contribuirete anche voi a dar voce a questa giusta campagna.<br />
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_Silviets_http://www.blogger.com/profile/06004092448401440789noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3829093299967731138.post-19093094457374062372014-11-04T22:01:00.001+01:002014-11-04T22:01:32.800+01:00Elena Ferrante, o di come i critici italiani sappiano criticare quel poco di buono che riusciamo ad esportare <div style="text-align: start;">
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<span class="s2" style="font-family: sans-serif;">Questo è un post un po’ polemico e non si tratta di una recensione, bensì di un commento su un articolo uscito un mesetto fa su La stampa e che riguarda Elena Ferrante. </span><span class="s2" style="font-family: sans-serif;">Ho scoperto </span><span class="s2" style="font-family: sans-serif;">questa scrittrice</span><span class="s2" style="font-family: sans-serif;"> grazie alla trilogia napoletana de “L’amica geniale” (per rinfrescarvi la memoria, avevo scritto del primo libro l’anno scorso e trovate il post <a href="http://letture-precarie.blogspot.co.uk/2013/12/lamica-geniale-elena-ferrante.html?m=1" target="_blank">qui</a>). Ero rimasta piacevolmente colpita dalla scrittura vera, genuina, senza fronzoli di </span><span class="s2" style="font-family: sans-serif;">questa </span><span class="s2" style="font-family: sans-serif;">autrice, </span><span class="s2" style="font-family: sans-serif;">che</span><span class="s2" style="font-family: sans-serif;"> avevo cominciato a leggere con molti dubbi. Non sono una grande amante della letteratura italiana contemporanea (leggasi degli anni 2000), purtroppo negli</span><span class="s2" style="font-family: sans-serif;">anni</span><span class="s2" style="font-family: sans-serif;"> ho letto molti libri che ho sempre trovato un po’ banali nello stile e nel contenuto, come se strizzassero sempre l’occhio ai baci Perugina quando scrivono d’amore o agli editoriali con violini in sottofondo di Studio Aperto quando parlano di cronaca. Come ho già scritto più volte, certi romanzi italiani mi sembrano una versione stampata dei film di Muccino, in cui tutti urlano e strepitano per </span><span class="s2" style="font-family: sans-serif;">mascherare il fatto che</span><span class="s2" style="font-family: sans-serif;"> non si stanno dicendo un bel niente. Ovviamente è un’opinione del tutto personale e puntualizzo che ci sono moltissime eccezioni (Ammaniti, per </span><span class="s2" style="font-family: sans-serif;">esempio; Baricco, </span><span class="s2" style="font-family: sans-serif;">quasi sempre</span><span class="s2" style="font-family: sans-serif;">;</span><span class="s2" style="font-family: sans-serif;"> Simonetta Agnello </span><span class="s2" style="font-family: sans-serif;">Hornby</span><span class="s2" style="font-family: sans-serif;">). </span><span class="s2" style="font-family: sans-serif;">Comunque, ero partita a </span><span class="s2" style="font-family: sans-serif;">leggere </span><a href="https://www.blogger.com/blogger.g?blogID=3829093299967731138" name="_GoBack" style="font-family: sans-serif;"></a><span class="s2" style="font-family: sans-serif;">“L’amica genial</span><span class="s2" style="font-family: sans-serif;">e</span><span class="s2" style="font-family: sans-serif;">” con molte remore per poi ritrovarmi completamente coinvolta non solo dalla bella scrittura della Ferrante, ma anche dalla storia</span><span class="s2" style="font-family: sans-serif;"> di Lenuccia e Lila, dalla loro lotta per emanciparsi dallo squallore della povertà e della violenza. L’attenzione </span><span class="s2" style="font-family: sans-serif;">di Elena Ferrante nel descrivere</span><span class="s2" style="font-family: sans-serif;"> la condizione di questi vinti del dopoguerra napoletano mi aveva molto ricordato (seppur ovviamente in un </span><span class="s2" style="font-family: sans-serif;">contesto</span><span class="s2" style="font-family: sans-serif;"> del tutto dif</span><span class="s2" style="font-family: sans-serif;">ferente) i</span><span class="s2" style="font-family: sans-serif;">romanzi di Vasco Pratolini. Premettendo che (come ben sapete) non sono una critica letteraria, sono solo una lettrice assidua ma amatoriale, mi ha molto </span><span class="s2" style="font-family: sans-serif;">stupita</span><span class="s2" style="font-family: sans-serif;"> questo articolo, uscito su “La Stampa” a inizio ottobre (<a href="http://www.lastampa.it/2014/10/13/cultura/il-caso-ferrante-il-romanzo-italiano-secondo-il-new-yorker-k6z6crdyRB5A6Z4ycRUrIO/pagina.html" target="_blank">qui</a> il link), in cui l’autore, </span><span class="s2" style="font-family: sans-serif;">Paolo di Paolo,</span><span class="s2" style="font-family: sans-serif;"> si scaglia con un accanimento del tutto fuori dall</span><span class="s2" style="font-family: sans-serif;">e righe contro Elena Ferrante. Innanzitutto mi permetto di obiettare alla lista di autori italiani che </span><span class="s2" style="font-family: sans-serif;">vengono</span><span class="s2" style="font-family: sans-serif;"> citati tra i “famosi all’estero” in cui viene dimenticato Primo Levi (che invece è probabilmente l’autore più conosciuto, specialmente negli Stati Uniti). Ma passiamo alla critica </span><span class="s2" style="font-family: sans-serif;">alla</span><span class="s2" style="font-family: sans-serif;"> Ferrante. Di Paolo si scaglia contro l’anonimato e la segretezza della scrittrice, come se metterci la faccia fosse un obbligo morale per un’autrice </span><span class="s2" style="font-family: sans-serif;">(</span><span class="s2" style="font-family: sans-serif;">donna</span><span class="s2" style="font-family: sans-serif;">?)</span><span class="s2" style="font-family: sans-serif;">. Arriva persino a criticare il suo nome (</span><span class="s2" style="font-family: sans-serif;">il giochino delle assonanze con Elsa Morante sarebbe da discutere con un buono psicologo</span><span class="s2" style="font-family: sans-serif;">) e la sua potenziale biografia. L’apoteosi si raggiunge quando la trilogia napoletana</span><span class="s2" style="font-family: sans-serif;">viene</span><span class="s2" style="font-family: sans-serif;"> paragonata ad una nota soap opera. Insomma. Come Di Paolo asserisce “Qualcosa non torna” ma sinceramente a non </span><span class="s2" style="font-family: sans-serif;">tornare</span><span class="s2" style="font-family: sans-serif;"> è questo lapidario commento. I gusti sono gusti</span><span class="s2" style="font-family: sans-serif;">,</span><span class="s2" style="font-family: sans-serif;"> ma l’impressione è che spesso la critica nostrana invece di gioire per il successo di un autore che finalmente è esportabile e vendibile </span><span class="s2" style="font-family: sans-serif;">al di fuori</span><span class="s2" style="font-family: sans-serif;">dei</span><span class="s2" style="font-family: sans-serif;"> confine</span><span class="s2" style="font-family: sans-serif;"> nazionali, tenti</span><span class="s2" style="font-family: sans-serif;"> con ogni forza di distruggere quanto di buono vi è, quasi con invidia </span><span class="s2" style="font-family: sans-serif;">e livore</span><span class="s2" style="font-family: sans-serif;">. Se sul New Yorker non si sprecano elogi per la scrittura </span><span class="s2" style="font-family: sans-serif;">della </span><span class="s2" style="font-family: sans-serif;">Ferrante e sul </span><span class="s2" style="font-family: sans-serif;">Guardian</span><span class="s2" style="font-family: sans-serif;"> sono usciti recentemente due bellissimi articoli (<a href="http://www.theguardian.com/books/2014/oct/15/who-italian-novelist-elena-ferrante" target="_blank">uno in risposta a Di Paolo, </a>per a</span><span class="s2" style="font-family: sans-serif;">l</span><span class="s2" style="font-family: sans-serif;">tro) in cui si discute della sua possibile identità e si elencano i suoi illustri fans (</span><span class="s2" style="font-family: sans-serif;">Jhumpa</span><span class="s2" style="font-family: sans-serif;"> </span><span class="s2" style="font-family: sans-serif;">Lahiri</span><span class="s2" style="font-family: sans-serif;">, </span><span class="s2" style="font-family: sans-serif;">Zadie</span><span class="s2" style="font-family: sans-serif;"> Smith, tanto per citarne un paio) e si elogia la sua opera, lunga ormai 20 anni (<a href="http://www.theguardian.com/books/2014/oct/31/elena-ferrante-literary-sensation-nobody-knows" target="_blank">qui</a> il link al secondo articolo)</span><span class="s2" style="font-family: sans-serif;">, sui giornali italiani la Ferrante si critica, riducendo la sua opera ad una questione di “faccia” e di identità</span><span class="s2" style="font-family: sans-serif;">. </span><span class="s2" style="font-family: sans-serif;">Da profana</span><span class="s2" style="font-family: sans-serif;"> mi domando cosa Di Paolo abbia letto e cosa</span><span class="s2" style="font-family: sans-serif;"> trovi di così assurdamente scabroso nel voler mantenere l’ano</span><span class="s2" style="font-family: sans-serif;">nimato (anche si trattasse di una mera manovra commerciale). Un libro non è il suo autore. Come mi ha insegnato un</span><span class="s2" style="font-family: sans-serif;">professore al liceo (che non ci interrogava mai sulle biografie degli autori che studiavamo in classe), la vita di uno scrittore può servire in alcuni casi a capire perché</span><span class="s2" style="font-family: sans-serif;">questi sia</span><span class="s2" style="font-family: sans-serif;"> </span><span class="s2" style="font-family: sans-serif;">arrivato</span><span class="s2" style="font-family: sans-serif;"> a scrivere un’opera, ma questa trascende l’autore stesso e non deve essere giudicata sulla base della sua biografia. Questa è la mia </span><span class="s2" style="font-family: sans-serif;">regola generale</span><span class="s2" style="font-family: sans-serif;"> e continuerà ad esserlo. E continuerò anche ad amare le opere </span><span class="s2" style="font-family: sans-serif;">della</span><span class="s2" style="font-family: sans-serif;"> Ferrante (e di altri notissimi autori che</span><span class="s2" style="font-family: sans-serif;"> nella vita hanno combinato le più deprecabili azioni ma che hanno anche prodotto grandissimi capolavori) </span><span class="s2" style="font-family: sans-serif;">e la sua aura di mistero. </span><span class="s2" style="font-family: sans-serif;">I dubbi sul </span><span class="s2" style="font-family: sans-serif;">metro di misura</span><span class="s2" style="font-family: sans-serif;"> di alcuni critici tuttavia resta.</span></div>
</div>
</div>
_Silviets_http://www.blogger.com/profile/06004092448401440789noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3829093299967731138.post-42580471059310816592014-10-28T23:06:00.000+01:002014-10-28T23:06:06.484+01:00"Americanah", Chimamanda Ngozi Adichie<div style="text-align: justify;">
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgA7IECTiaVzxCj2dCWGZ1bhcOvTHI58YjpkdgQUG0IDKDcPMoNZpkLcKCBQgOoQeV0nmQABru_TZ0dLHBxFucjwJYnDhD0yjROy6AXkyVRL1uVFr3qr6vAgA8dpev5O8ZqD-GqcFW3vVM/s1600/Americanah.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgA7IECTiaVzxCj2dCWGZ1bhcOvTHI58YjpkdgQUG0IDKDcPMoNZpkLcKCBQgOoQeV0nmQABru_TZ0dLHBxFucjwJYnDhD0yjROy6AXkyVRL1uVFr3qr6vAgA8dpev5O8ZqD-GqcFW3vVM/s1600/Americanah.jpg" height="320" width="208" /></a></div>
Forse sono un po’ arrugginita e questo mi dispiace parecchio perché ho davvero adorato questo libro. Partiamo da alcune premesse. Inanzitutto sul perché sono arrivata a leggere “Americanah”. Come ho anticipato nel post precedente, in questi mesi ho letto un altro libro scritto da una giovane autrice africana “We need new names” di NoViolet Bulawayo. Ancor prima avevo letto il bellissimo “La bellezza delle cose fragile” di Taiye Selasi (<a href="http://letture-precarie.blogspot.co.uk/2013/11/la-bellezza-delle-cose-fragili-taiye.html" target="_blank">qui</a> trovate la recensione che avevo scritto), e mi sono molto appassionata di queste giovani e talentuose scrittrici africane, che conoscevo pochissimo. Corre un parallelo tra questi libri, la condizione di migrante che riguarda una grande parte della popolazione africana, fenomeno che negli ultimi anni sta riguardando sempre più spesso anche noi europei (me, in primis). Nel romanzo della Bulawayo, per esempio, c’è un bellissimo passaggio sulla zia della protagonista che si esercita a comporre discorsi in inglese, davanti allo specchio, concentrandosi sulla pronuncia americana perfetta, ma poi, quando si ritrova ad affrontare una conversazione vera, la sua lingua si ingarbuglia e non riesce a trovare le parole che prima sapeva. Ecco, questo è solo un esempio molto banale delle difficoltà che un migrante incontra nella sua vita quotidiana, e che la Bulawayo è abilissima a cogliere e a descrivere. Ma torniamo ad "Americanah". Oltre all’interesse per la emergente letteratura africana, mi è capitato di leggere diverse recensioni entusiastiche di di questo romanzo, che tra l’altro è anche stato inclusa nella lista dei<a href="http://www.nytimes.com/2013/12/15/books/review/the-10-best-books-of-2013.html?_r=0" target="_blank"> 10 migliori libri del 2013 secondo il New York Times</a>, e, ultimo ma non meno importante, di Chimamanda Ngozi Adichie si è parlato molto grazie al suo discorso, tenuto nel dicembre 2012 alla conferenza TEDx, “We should all be feminists” (<a href="http://youtu.be/hg3umXU_qWc" target="_blank">qui </a>trovate il link al video, in inglese) che è diventato popolare anche grazie alla cantante Beyoncè, che, nel dicembre 2013, ne ha campionato una parte per inserirla nella sua canzone “Flawless”. Io, che non faccio mistero del mio essere femminista, ovviamente non potevo che interessarmi a questa scrittrice. Tra le altre cose “We should all be feminists” è anche diventato un libro (edito da Penguin, qui nel Regno Unito, proprio qualche settimana fa), e molto probabilmente ne scriverò a breve. Se siete interessati a scoprire qualcosa di più di questa scrittrice <a href="http://www.theguardian.com/books/2014/oct/17/chimamanda-ngozi-adichie-extract-we-should-all-be-feminists" target="_blank">qui</a> potete trovare un suo pezzo, uscito recentemente sul Guardian, sulla sua idea di femminismo (in inglese). </div>
<div style="text-align: justify;">
Ma passiamo al libro. “Americanah” (appena uscito in Italia, edito da Einaudi, ma che ho letto in “anteprima” per voi in lingua originale) prende il suo titolo dal modo in cui in Nigeria, dove parte del romanzo si svolge, vengono chiamati gli emigrati che tornano in patria dopo aver trascorso del tempo all’estero e in particolare negli Stati Uniti. E l’”americanah” in questo caso è Ifemelu, una donna forte e combattiva che, dopo oltre dieci anni trascorsi negli Stati Uniti, dove è approdata grazie ad una borsa di studio universitaria, decide di tornare in patria. Il lungo periodo di Ifemelu all’estero viene descritto nella parte centrale del libro: la giovane donna, appena arrivata nella tanto sognata America, deve affrontare le difficoltà con il denaro e la Green Card, le differenze culturali che rendono difficile la sua vita quotidiana e così scoprire la difficile condizione di migrante. Ma anche il razzismo, strisciante presenza, che condiziona la stessa percezione che Ifemelu ha di se stessa (“Ho scoperto di essere nera quando sono arrivata qui”), diventa protagonista della storia. Dopo molte traversie, però arriva la rivincita con un blog di successo che parla di razza e razzismo, una borsa di studio a Princeton e la vittoria di Barack Obama alle elezioni presidenziali, che fa sperare in un futuro migliore per gli USA. Ma sono tante le cose Ifemelu ha lasciato in Nigeria e che la spingono a ritornare, su tutti Obinze, il suo grande amore giovanile, che ha abbandonato senza una parola dopo il suo arrivo in America. Obinze ora è sposato, ha una bambina ed è diventato uno speculatore edilizio di successo a Lagos, dove conduce la sua esistenza dorata e infelice, con una donna che non ama e sempre tormentato dal fantasma di Ifemelu, che non ha mai dimenticato. </div>
<div style="text-align: justify;">
Si tratta di una bellissima storia d’amore tra due trentenni che si ritrovano dopo essersi conosciuti troppo presto e dopo essere stati allontanati dalle contorte vie della vita. Un amore straordinario e irrefrenabile, che non può essere arrestato dal tempo, dalla lontananza o dalle convenzioni sociali. Ma “Americanah” è molto più di una semplice storia d’amore. È una riflessione su due paesi molto diversi tra loro, la Nigeria e gli Stati Uniti. Uno con la sua esplosione economica, spinta dalla corruzione e fondata su differenze sociali troppo profonde per essere sostenibile, e l’altro con le grandi opportunità che può offrire al caro prezzo dell’accettazione di razzismo e prevaricazioni. Il racconto è vivido e pulsante di vita, ogni parola è vera e sentita perché la storia di Ifemelu è molto simile a quella della Adichie. L’autrice vive tra Nigeria e Stati Uniti e ha spesso affrontato gli stessi problemi descritti in Americanah anche in saggi, lezioni e interviste (spesso ha dichiarato di essere riconoscente per le opportunità donatele dall’America ma che questo non la farà tacere sull’enorme problema del razzismo, che affligge in modo particolare i neri, Americani e Non-Americani.). Una bellissima lettura e una voce nuova e potente da tenere sott’occhio nei prossimi anni.</div>
_Silviets_http://www.blogger.com/profile/06004092448401440789noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3829093299967731138.post-45044446762315375922014-10-25T00:45:00.000+02:002014-10-25T00:46:16.622+02:00Un lungo silenzio<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Sono svariati mesi che non scrivo un post. Molte cose sono cambiate nella mia vita (anche se resto, per ora, un “cervello in fuga”, precario, e sempre alla ricerca di me stessa) e il tempo per scrivere delle mie letture è venuto spesso a mancare. Forse, se devo essere sincera fino in fondo, anche un po’ l’ispirazione, la voglia di trovare sempre qualcosa di bello o particolare in ogni libro che leggo, e il desiderio di raccontare le emozioni che leggere suscita. Questo non significa che io non abbia letto nulla di bello o interessante in questi mesi. Molto del mio tempo è stato risucchiato (è la parola più appropriata, credo) da una lettura non proprio in linea con i miei gusti e con questo blog: le “Cronache del ghiaccio e del fuoco” di George RR Martin. Su consiglio del mio fratellino, appassionato e devoto lettore, mi sono lanciata in questa titanica avventura. Rimanendone inaspettatamente e irrimediabilmente invischiata. Mi si è aperto un vero e proprio mondo in cui tra amici partono lunghe e minuziose discussioni psicologiche su personaggi di fantasia che però vengono trattati come amici di lunga data, teorie sugli sviluppi della trama (le prove del DNA in certi casi farebbero comodo, anche nell’epoca indefinita del mondo del nostro Georgione). Per non parlare delle ossessionanti paure sullo stato di salute dello scrittore (“Ma le sue coronarie come staranno? Riuscirà a scrivere questi due ultimi libri? Lo vedo ingrassato e stanco.”). Sono stata addirittura abbordata da perfetti sconosciuti che, dopo aver sbirciato il mio ereader, mi chiedevano “Leggi le “Cronache del ghiaccio e del fuoco”? Cosa ne pensi? Qual è il tuo personaggio preferito (Arya, che domande!)? A che punto sei?”. Insomma, un mondo parallelo che ruota attorno a una serie di libri che non hanno la pretesa di essere grande letteratura ma che spingono milioni di persone a leggere e ad appassionarsi, a parlare e ad amare un romanzo. Come posso non adorare una cosa del genere? E poi sì, sono terribilmente nerd, non potevo che scoprire di amare il genere fantasy!</div>
<div style="text-align: justify;">
Ma non sono solo state le migliaia e migliaia di pagine delle “Cronache” ad avermi impegnata. Ho viaggiato per l’Europa con Edmond Dantes alla ricerca della vendetta perfetta, ne “Il conte di Montecristo” (sublime romanzo!), sono stata a Belleville con la tribù Malaussene, ne “Il signor Malaussene”, esplorato Londra, dalle periferie multietniche di Zadie Smith in “NW”, ai sobborghi più borghesi di Nick Hornby (“Non buttiamoci giù”), fino al cuore della moda con Robert Galbraith/ JK Rowling e il suo sorprendente “Il richiamo del cuculo” (per gli appassionati del genere poliziesco una lettura caldamente consigliata). Sono passata per un paio di letture che da anni avevo nella mia lunghissima lista “Da leggere”: “Le ore” di Michael Cunningham, una delicata riflessione sull’omosessualità, la depressione e il suicidio, e “Fight Club”, che ovviamente non ha bisogno di grandi introduzioni. E poi “Storia del nuovo cognome” di Elena Ferrante, secondo capitolo de “L’amica geniale”, sempre cristallina, scorrevole e coinvolgente. E poi due bellissimi libri di due scrittrici africane: “We need new names” (edito da Bompiani con il titolo “C’è bisogno di nuovi nomi”) di NoViolet Bulawayo e “Americanah” di Chimamanda Ngozi Adichie (appena uscito per Einaudi). Sono due romanzi molto diversi ma che parlando entrambi di donne che lasciano l’Africa per realizzarsi negli Stati Uniti, e che trattano il delicato tema dell’emigrazione in modo encomiabile, perché entrambe lo hanno vissuto in prima persona. Sono entrambe, la Bulawayo e la Adichie, giovani, vitali e molto originali. In particolare, “Americanah” mi ha convinta a riprendere in mano il blog e a ricominciare a parlare di libri. Ne leggerete prestissimo, nel prossimo post. </div>
<div style="text-align: justify;">
State sintonizzati.</div>
_Silviets_http://www.blogger.com/profile/06004092448401440789noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3829093299967731138.post-5786869465284248962014-02-05T12:25:00.001+01:002014-02-05T12:25:18.285+01:00"Il passato è una terra straniera", Gianrico Carofiglio<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEglUjDyNyz0Ny6KaJuHjDupA77i4lhXtA14FvxilQgW5MO_T2USJsCBmUdC4QKInT2p64yGCCkePDfk9M35f4PhYnXP8Ww1VlAR_PhupG8P6AViVcPyECNFx_0fMEnaMN6a5ygXxLz9Gvs/s1600/ilpassatoe%CC%80unaterrastraniera.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEglUjDyNyz0Ny6KaJuHjDupA77i4lhXtA14FvxilQgW5MO_T2USJsCBmUdC4QKInT2p64yGCCkePDfk9M35f4PhYnXP8Ww1VlAR_PhupG8P6AViVcPyECNFx_0fMEnaMN6a5ygXxLz9Gvs/s1600/ilpassatoe%CC%80unaterrastraniera.jpg" height="320" width="212" /></a></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify; text-justify: inter-ideograph;">
<span lang="IT" style="mso-ansi-language: IT;">Giorgio conduce una vita normale, quasi
banale. Gli manca un esame alla laurea in giurisprudenza, è fidanzato con
Giulia, che proviene dall’ambiente della Bari bene e con la quale trascorre le
sue serate in una sonnolenta routine. Una sera si intromette in una zuffa per
difendere un ragazzo che conosce appena, Francesco, e da quel momento la sua
vita cambia improvvisamente. Tra i ragazzi nasce una buona amicizia e Giorgio
comincia a frequentare sempre più assiduamente il nuovo amico. Ad unirli sono
una serie di partite a poker che Francesco trucca grazie alle sue doti di
prestigiatore e che fruttano ai due soldi facili. Inizialmente Giorgio è
titubante, per via delle implicazioni etiche e della voce della coscienza, ma
pian piano si fa prendere la mano dal gioco d’azzardo e dalla vita dissoluta
che conduce. Tra i due si instaura un rapporto quasi morboso, con Francesco che
domina del tutto Giorgio e lo spinge compiere qualunque azione egli abbia
deciso, dimostrando un’abilità impressionante non solo nel manipolare le carte
ma anche le persone. Ben presto l’adrenalina delle vittorie al tavolo da gioco
non basta più e i due si ritrovano ad affondare insieme verso
l’autodistruzione, Francesco senza mai un’esitazione, a testa bassa, e Giorgio
spezzato dal sensi di colpa che gli provoca la vista dei propri genitori,
spaesati e disperati per il suo improvviso cambiamento, ma incapace di
resistere alla volontà del suo amico.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify; text-justify: inter-ideograph;">
<span lang="IT" style="mso-ansi-language: IT;">Questo romanzo ha un pregio, ha un ritmo
davvero coinvolgente e non si può abbandonare la lettura finché non si arriva
al fondo, insieme ai suoi protagonisti. Questa narrazione così incalzante e
coinvolgente ha un che di cinematografico e non stupisce che Daniele Vicari ne
abbia tratto un film, nel 2008. Al di là della dipendenza dal gioco d’azzardo,
Carofiglio ci presenta una serie di personaggi ben riusciti, anche se
probabilmente Francesco risulta tanto abile nei raggiri, tanto crudele e freddo
da sembrare stereotipato. Il suo non mettere mai in discussione il proprio operato
lo rende forse un pochino monotono e bidimensionale. Il protagonista, Giorgio, con
la sua incapacità di trovare uno scopo nella vita e con il suo attaccamento a
un’amicizia malata, è molto più interessante, e in generale lo è anche il
concetto stesso di<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>dipendenza che
attraversa tutto il romanzo, pur cambiando volto ogni volta. Un vero peccato è
la figura appena abbozzata di Giorgio Chiti, carabiniere che indaga su una
serie di stupri che sconvolgono Bari, ma che non viene approfondita abbastanza.
<o:p></o:p></span></div>
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<div class="MsoNormal" style="text-align: justify; text-justify: inter-ideograph;">
<span lang="IT" style="mso-ansi-language: IT;">In generale è un romanzo piacevole e ricco
di pathos, con una prosa limpida e scorrevole, ma la mia impressione è che
molti argomenti vengano trattati e che nessuno venga davvero sviscerato fino in
fondo, fino alla sua causa ultima. Nell’insieme mi ha lasciato una sensazione
di superficialità.<o:p></o:p></span></div>
_Silviets_http://www.blogger.com/profile/06004092448401440789noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3829093299967731138.post-5776713228946403792014-01-26T14:43:00.001+01:002014-01-26T14:43:52.796+01:00"Zio Tungsteno", Oliver Sacks<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<br /></div>
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<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
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<div class="MsoNormal" style="text-align: justify; text-justify: inter-ideograph;">
<span lang="IT">Spesso amo dire che la mia anima è divisa
in due. Due sono i miei grandi amori: la letteratura, con cui riempio gran
parte del mio tempo libero, e la scienza, che è poi anche il mio lavoro. Sono
una chimica e passo il tempo a sollazzarmi con i romanzi. Tutto questo mi era
sempre parso contraddittorio (io che di solito tendo a vedere sempre tutto o
bianco o nero), finché non ho letto “Il sistema periodico” di
Primo Levi (che è e probabilmente resterà uno dei miei libri preferiti). Primo
Levi visse tutta la sua vita con la mia stessa contraddizione e da questa
scaturirono tra le più belle pagine della letteratura italiana. Ho quindi
imparato a convivere con i miei due mondi ed entrambi mi hanno resa quella che
oggi sono. La letteratura apre gli occhi sulla natura umana mentre la chimica
mi fornisce ogni giorno gli strumenti per capire la natura e il mondo che mi
circonda. Soprattutto credo abbia inculcato in me il desiderio di approfondire
le cose, di andare oltre la loro apparenza e cercare di capire i meccanismi
ultimi che regolano la mia vita e quella delle persone che mi circondano.
Oliver Sacks mette nero su bianco qualcosa di molto simile e per questo mi sono
lanciata con grandi speranze nel suo “Zio Tungsteno – Ricordi di un’infanzia
chimica”. Prima un po’ di biografia: Sacks, londinese di nascita e americano di
adozione, è un neurologo affermato che si è dilettato spesso nella scrittura di
romanzi (di solito ispirati dalla sua esperienza medica, cosa che in più di
un’occasione gli è valsa aspre critiche. Addirittura ne “I Tenenbaum” il
personaggio di Raleigh St. Clair, interpretato da Bill Murray, è la caricatura
di Sacks.). Ma fino all’adolescenza egli crebbe in un ambiente estremamente
scientifico e, in particolare, chimico. La sua numerosa famiglia infatti
annoverava svariati parenti impegnati nella matematica, nella chimica, nella
fisica, che durante la sua infanzia lo incuriosirono e gli diedero strumenti
sensazionali per comprendere queste branche. In particolare lo zio Dave, che dà
il titolo alla autobiografia, era esperto di metalli e usava queste sue
conoscenze nella sua fabbrica di lampadine a filamento di tungsteno. Grazie
allo zio e agli esperimenti in un piccolo laboratorio artigianale (ma da fare
invidia ai laboratori delle università italiane, sigh…), Oliver scopre i
metalli e le loro proprietà, seguendo le trame affascinanti della storia della
scoperta degli elementi. La storia personale di Sacks diventa pretesto
letterario per condurre il lettore alla scoperta della chimica e la sua
evoluzione, dagli alchimisti fino alla chimica quantistica.</span></div>
<!--EndFragment--><div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span lang="IT" style="mso-ansi-language: IT;">Il libro è molto interessante ma può
risultare pesante. Spesso le teorie riportate sono spiegate sì in modo
semplicistico, ma richiedono comunque una qualche infarinatura per essere
comprese. La cosa che probabilmente mi è piaciuta meno del libro è la figura
stessa di Sacks, un ragazzetto asociale, un po’ spocchioso e parecchio saccente
(per stessa ammissione dell’autore alla fine del romanzo). Probabilmente anche
parecchio viziato dato che gli fu data la possibilità di costruire in casa un
vero e proprio laboratorio chimico a meno di dieci anni (i genitori medici
probabilmente erano parecchio impegnati nel lavoro perché oltre ad essere
un’attività non propriamente ludica, poteva risultare anche estremamente
pericolosa). L’altra pecca che ho notato è che la mia scienza, la chimica, mi è
sembrata discosta dalla realtà, una scienza analitica e spesso pericolosa, dai
termini difficili e racchiusa in libri polverosi e dai titoli altisonanti, una
scienza spogliata della poetica bellezza che invece Primo Levi le sapeva
attribuire. Sacks probabilmente non ha le stesse doti narrative di Levi, ma il
risultato è che da scienza davvero capace di spiegare la vita e l’universo
assume invece l’aspetto di una noiosa manfrina per pochi eletti.<o:p></o:p></span></div>
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<div class="MsoNormal" style="text-align: justify; text-justify: inter-ideograph;">
<span lang="IT" style="mso-ansi-language: IT;">Credo che sia un buon libro ma più adatto
a chi ha studiato materie scientifiche o ne è appassionato, per gli altri
potrebbe risultare un tomo di difficile digestione. Per tutti coloro che non lo
avessero ancora letto, per capire meglio a cosa mi riferisco, leggete
assolutamente “Il sistema periodico” di Levi, non ve ne pentirete.<o:p></o:p></span></div>
_Silviets_http://www.blogger.com/profile/06004092448401440789noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3829093299967731138.post-10306716277585837612014-01-19T16:14:00.000+01:002014-01-19T16:14:02.311+01:00"Stoner", John E. Williams<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiQSA62QWIXS7S_-7HBCaO0ksgWepgpeccuzx8_-hVyz1sOOEt0T8FT57aDn1Kp4DipAFFfbctwn9YB6lfAU7W_sRJS_ZvzoukW_drScOfermmEGqkAWY2SidGiLs-1wLXY2Ok6nUMI314/s1600/stoner.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiQSA62QWIXS7S_-7HBCaO0ksgWepgpeccuzx8_-hVyz1sOOEt0T8FT57aDn1Kp4DipAFFfbctwn9YB6lfAU7W_sRJS_ZvzoukW_drScOfermmEGqkAWY2SidGiLs-1wLXY2Ok6nUMI314/s1600/stoner.jpg" height="320" width="215" /></a></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify; text-justify: inter-ideograph;">
<span lang="IT" style="mso-ansi-language: IT;">Molti di voi (me compresa) avranno sentito
parlare di “Stoner” lo scorso anno ma questo libro è stato scritto nel 1965. Alla
pubblicazione ricevette un buon consenso della critica e un discreto successo
tra i lettori (nonostante le iniziali preoccupazioni di Williams e della sua
agente, Marie Rodell, sul possibile riscontro commerciale), ma non divenne un
best-seller. Il più grande successo Williams lo ottenne nel 1972 con il romanzo
“Augustus” che vinse il National Book Award per la narrativa (ex-aequo con
“Chimera” di John Barth). Williams non si presentò a riscuotere il premio e non
scrisse più romanzi fino alla sua morte, avvenuta nel 1994, e il suo nome entrò
nella schiera di quegli scrittori dimenticati dai più. E poi, come
nell’editoria può accadere, un piccolo miracolo: nel 2006 venne ripubblicato
dalla New York Review Books e da allora ha risvegliato l’interesse dei lettori
di mezzo mondo, diventando il best seller che non era stato nel 1965. Nel 2013
è stato addirittura eletto <a href="http://www.waterstones.com/blog/2013/12/waterstones-book-of-the-year-2013-announced/" target="_blank">libro dell’anno dalla Waterstones</a> (la più famosa
catena di librerie in Regno Unito), oltre a conquistare lettori illustri come
McEwan, Hornby, Bret Easton Ellis, Peter Cameron e Tom Hanks. Ma cosa ha
suscitato tanto clamore attorno a questo romanzo? Persino gli esperti del
settore sono rimasti sorpresi di questo successo del tutto inaspettato e nato
dal passaparola tra i lettori, la miglior pubblicità che un romanzo possa
ricevere. Anche io mi sono interrogata su questo strano e ritardato successo,
quest’estate, sotto l’ombrellone, osservando il mio fidanzato leggerlo con
foga, incapace di staccarsi dalle sue pagine. Gli ho chiesto: “Come mai ti
piace tanto? Di cosa parla?” e lui mi ha risposto candidamente: “In realtà non
succede quasi nulla. È la storia di un uomo normale, ma è bellissima, una
pagina tira l’altra.”. Ora posso confermare che è così. La storia, che Williams
ha tenuto spesso a precisare non è mai autobiografica, nonostante i chiari
parallelismi, comincia nel 1910 con il giovane William Stoner che approda
all’università per seguire un corso di laurea in Agricoltura. Ma durante un
corso obbligatorio di letteratura inglese viene letteralmente ammaliato dal sonetto
73 di Shakespeare, letto in aula dal professor Sloane, e decide di cambiare
completamente il proprio corso di studi, e la propria vita. Invece di laurearsi
in Agricoltura e tornare alla fattoria dove lo attendono i suoi anziani
genitori, si laurea in Arte e comincia un dottorato in Letteratura Inglese.
Presto diventa professore universitario e trascorre un’esistenza di studio,
alle prese con una vita privata ben poco entusiasmante. La moglie Edith è presa
da una personale guerra contro suo marito, in cui coinvolge anche la loro unica
figlia, Grace. Mentre Edith tenta furiosamente di estrometterlo dalla sua casa,
Grace cresce silenziosamente come una prigioniera in una fortezza di cristallo,
compiendo in modo meccanico tutte le azioni che la madre le impone, discosta da
ciò che la circonda come se la propria vita non fosse che uno spettacolo da
osservare impassibilmente. Frustrato da tale tensione domestica, Stoner si
butta a capofitto nella propria carriera di insegnante, motivato dal successo
che pare avere con i propri studenti; ma ben presto si ritrova coinvolto in una
disputa accademica con il potente professor Lomax e anche le sue ambizioni
lavorative paiono essere bruscamente frenate. Si ritrova coinvolto in un
rapporto extraconiugale con una giovane dottoranda, Katherine Driscoll,
assaporando un po’ della felicità che gli sembrava preclusa, e scoprendo di
poter provare un amore insaziabile e disperato anche per un altro essere umano,
oltre che per i suoi adorati libri. Ma la vita di Stoner, senza infamia e senza
lode, è la vita di un uomo infelice, alla ricerca di un senso profondo della
propria esistenza, che il più delle volte pare solo essere una minuscola
zattera sospinta dalla corrente irresistibile degli eventi. È questo il tratto
distintivo e la forza di “Stoner”: è il racconto analitico, scarno e quasi
impersonale della vita di un uomo comune, un’esistenza come ce ne potrebbero
essere tante, di una persona che vive senza slanci e se ne va in silenzio,
senza arrecare troppo disturbo. Ma si tratta anche di una storia di tremenda
solitudine e infelicità, che viene vissuta senza tragedie o isterismi, senza
grandi colpi di scena. La semplicità e la linearità della prosa di Williams
sono esemplari. È un romanzo che si legge da solo, in cui ogni parola è
studiata e limata per creare, attraverso il linguaggio stesso, l’impressione di
normalità che permea la vita di William Stoner e che il suo autore ci descrive
senza mai lasciar spazio a facili compassioni o giudizi. Ma il valore aggiunto
dell’opera, a mio parere, sono le riflessioni che il protagonista si trova a
fare, per lo più in modo casuale, come fossero illuminazioni, e che sono
assolutamente plausibili e moderne: ogni essere umano si ritrova prima o poi a
porsi le stesse domande, solo che Stoner lo fa attraverso le meravigliose
parole di Williams, che si marchiano a fuoco in coloro che le leggono. <o:p></o:p></span></div>
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<!--EndFragment--><br />
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify; text-justify: inter-ideograph;">
<span lang="IT" style="mso-ansi-language: IT;">Arrivata all’ultima pagina, commossa e
triste, ho capito cosa ha reso questo romanzo un successo anche a distanza di
quasi cinquant’anni: William Stoner siamo tutti noi ed è per questo lo amiamo
così tanto. Se non lo avete ancora letto, fatelo. Vi conquisterà.<o:p></o:p></span></div>
_Silviets_http://www.blogger.com/profile/06004092448401440789noreply@blogger.com2tag:blogger.com,1999:blog-3829093299967731138.post-66073890003075334582014-01-12T17:18:00.000+01:002014-01-12T17:18:00.547+01:00"Ricordi di un vicolo cieco", Banana Yoshimoto<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEisIz7R0W-KMvhq_u9zbDSKLRRUNd9T2b92Mbv2dygwuOqdBgdjLcRGwtI7BhTckX9Wnt8zYLAow1OFUhTEtrzlaVAMGtKLnPn6LoPR8i4HWLngerKFCCistDtujkDUnaVzw5a193HDoUQ/s1600/ricordidiunvicolocieco.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEisIz7R0W-KMvhq_u9zbDSKLRRUNd9T2b92Mbv2dygwuOqdBgdjLcRGwtI7BhTckX9Wnt8zYLAow1OFUhTEtrzlaVAMGtKLnPn6LoPR8i4HWLngerKFCCistDtujkDUnaVzw5a193HDoUQ/s1600/ricordidiunvicolocieco.jpg" height="320" width="204" /></a></div>
<div style="text-align: justify;">
"Ricordi di un vicolo cieco" è una raccolta di cinque racconti che hanno come tema comune il dolore e la ricerca del significato profondo della propria esistenza. Avevo letto in precedenza e recensito per voi "La luce che c'è dentro le persone" (recensione <a href="http://letture-precarie.blogspot.co.uk/2012/02/la-luce-che-ce-dentro-le-persone-banana.html" target="_blank">qui)</a>, uno dei racconti estratto e inserito nella collezione Zoom di Feltrinelli. Il <i>fil rouge</i> che collega l'intera raccolta è la sofferenza dei propri personaggi: tutti, a causa soprattutto di eventi inaspettati e traumatici, vedono la loro vita rivoluzionata. Attraverso diverse vie tentano di unire i pezzi della loro esistenza andata in frantumi, lentamente tentano di ritrovare quella che appare come condizione inevitabile (ma difficilmente raggiungibile): la felicità. </div>
<div style="text-align: justify;">
In "La casa dei fantasmi" Setsuko e Iwakura sono legati da un sentimento puro e profondo, nato sotto lo sguardo di due fantasmi, emblema dell'amore eterno che sconfigge anche l'avversità più ardua, la morte. In "Mammaa!", Matsuoka sopravvive ad un avvelenamento nella mensa aziendale e, come se la tossina le avesse intaccato anche il cuore, si vede spinta a mettere in discussione la propria vita e i propri affetti, interrogandosi sull'amore che prova per coloro che la circondano. Solo un ritorno alla semplicità delle proprie origini potrà condurla alla serenità. Oltre a <a href="http://letture-precarie.blogspot.co.uk/2012/02/la-luce-che-ce-dentro-le-persone-banana.html" target="_blank">"La luce che c'è dentro le persone"</a>, troviamo "La felicità di Tomo-Chan", in cui una ragazza fragile e segnata da tragici eventi, riesce comunque a condurre un'esistenza serena, protetta da uno sguardo soprannaturale che sente su di sè. Infine "Ricordi di un vicolo cieco" (che dà il nome all'intera raccolta e ne è forse il racconto meglio riuscito e più emblematico), in cui Mimi scopre che il proprio fidanzato sta per sposare un'altra donna. Il suo cuore in frantumi tornerà lentamente a battere grazie a puri istanti di felicità e all'amicizia con Nishiyama.</div>
<div style="text-align: justify;">
Cinque racconti molto malinconici ma sicuramente di effetto. Una riflessione sulla felicità che le cose semplici possono donarci, se impariamo a coglierle nei piccoli gesti quotidiani. Perché in fondo <i>"In ogni caso la felicità è sempre dietro l'angolo: la felicità arriva all'improvviso, indipendentemente dalla situazione e dalle circostanze, tanto da sembrare spietata […]. È imprevedibile come lo sono le onde e il tempo. I miracoli sono sempre in arresa, senza far distinzione per nessuno."</i></div>
_Silviets_http://www.blogger.com/profile/06004092448401440789noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3829093299967731138.post-35685958663589677072014-01-04T22:12:00.001+01:002014-01-04T22:12:41.917+01:00"Il petalo cremisi e il bianco", Michel Faber<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgKDUXO559FdW_ns5NXL83BAuuQnGAqIF7vMb0wRU_5iyTl7Qdd4j9W-qFHdlOcMOc-CQ9PMlfWxhaj77xznLlbje-ePwpdRXU11jqWSFwgubLLInO52kZKFQdq0IIwxs9By639W00LFio/s1600/ilpetalo.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgKDUXO559FdW_ns5NXL83BAuuQnGAqIF7vMb0wRU_5iyTl7Qdd4j9W-qFHdlOcMOc-CQ9PMlfWxhaj77xznLlbje-ePwpdRXU11jqWSFwgubLLInO52kZKFQdq0IIwxs9By639W00LFio/s320/ilpetalo.jpg" width="207" /></a></div>
<div style="text-align: justify;">
Sugar è la prostituta più famosa nella Londra del 1874. Tutti la desiderano, nonostante alcuni difetti fisici gli uomini impazziscono per questa diciannovenne perché non dice mai di no ai suoi clienti e sembra conoscerli nel profondo, comprendendo i loro più segreti desideri e i più nascosti pensieri. William Rackam è un giovane rampollo in difficoltà economiche, estromesso dall'azienda del padre, un ricco profumiere, a causa della sua inettitudine, e sposato con Agnes, una ragazza affetta da una misteriosa malattia che le causa sbalzi di umore e comportamenti imbarazzanti. Una notte, scorato e depresso per la sua vita mediocre e insignificante, cerca consolazione tra le braccia di Sugar, nel bordello di Mrs Castaway. Ammaliato dalla giovane prostituta, William decide di dare una svolta alla propria vita: prende in mano l'azienda del padre e, una volta raggiunto il successo professionale, riscatta Sugar, facendone dapprima la sua concubina poi l'istitutrice di sua figlia Sophie.</div>
<div style="text-align: justify;">
"Il petalo cremisi e il bianco" è un romanzo che riassumerei con l'aggettivo "contraddittorio". Michel Faber ha impiegato molto tempo a scrivere questa storia e questo traspare dalle accurate descrizioni della Londra di fine Ottocento, dagli spaccati di vita quotidiana, sia dei poveri che dei ricchi borghesi. Cibi, abiti, abitudini vengono descritte con cura maniacale, quasi come se si trattasse di un saggio. E proprio per questo motivo salta ancora più all'occhio il contrasto tra lo scenario e i personaggi, che invece sono parecchio in contrasto con i tempi. I protagonisti sono infatti distanti dai tipici personaggi di fine Ottocento, appaiono decisamente troppo moderni. La stessa Sugar è una vera e propria contraddizione. Come poteva una prostituta diciannovenne nel 1870 a essere autodidatta, colta e istruita? E come poteva un ricco borghese portarsi in casa la propria amante e addirittura affidarle l'istruzione della propria figlia? Un'altra caratteristica parecchio evidente riguarda le figure femminili che tendono ad essere divise in due categorie distinte: o prostitute (di professione o di vocazione) o caste e pazze. Il tratto che le unisce è però di non essere mai personaggi del tutto positivi. La palma del personaggio peggiore però la vince senza dubbio Rackam stesso che viene descritto in modo totalmente negativo da Faber e che a causa delle sue azioni deve subite una lenta ma inesorabile e totale sconfitta. </div>
<div style="text-align: justify;">
Dal punto di vista della scrittura Faber passa da un linguaggio molto ricercato e forbito ad uno tremendamente scurrile. Il pretesto letterario iniziale non rientra nei miei personali gusti di lettrice: l'autore si riferisce direttamente al lettore, guidandolo per le vie di Londra e mettendolo in contatto con i personaggi. La trovo una scelta che tende ad appesantire la narrazione.<br />
In generale è una storia avvincente, che cattura il lettore e non manca di certo di originalità. Alcuni elementi, tuttavia, rendono il romanzo poco credibile. </div>
_Silviets_http://www.blogger.com/profile/06004092448401440789noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3829093299967731138.post-47140014999705800282013-12-30T23:31:00.000+01:002013-12-30T23:31:22.669+01:00"Letture Precarie" Awards 2013<div style="text-align: justify;">
Il 2013 sta finendo ed è tempo di bilanci e di auguri. Quest'anno ho deciso di tirare le somme e riassumere un po' i 365 giorni di lettura che ho trascorso in vostra compagnia. Ecco qui i "Letture Precarie" Awards 2013.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
<b>Migliori Letture Precarie</b></div>
<div style="text-align: justify;">
<b><br /></b></div>
<div style="text-align: justify;">
Quest'anno ho letto molto e bene. Cerco sempre di scegliere con cura un romanzo prima di cominciarlo e per questo motivo spesso i miei post sono parecchio positivi. Ho letto davvero degli splendidi libri ed è difficile dire quale sia la miglior lettura. Ne ho scelte 5 (in ordine casuale):</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
<a href="http://letture-precarie.blogspot.it/2013/03/pastorale-americana-philip-roth.html" target="_blank">Pastorale Americana</a></div>
<div style="text-align: justify;">
<a href="http://letture-precarie.blogspot.it/2013/07/don-delillo.html" target="_blank">Underworld</a></div>
<div style="text-align: justify;">
<a href="http://letture-precarie.blogspot.it/2013/08/il-museo-dellinnocenza-orhan-pamuk.html" target="_blank">Il museo dell'innocenza</a></div>
<div style="text-align: justify;">
<a href="http://letture-precarie.blogspot.it/2013/07/i-ragazzi-burgess-elizabeth-strout.html" target="_blank">I ragazzi Burgess</a></div>
<div style="text-align: justify;">
<a href="http://letture-precarie.blogspot.it/2013/12/lamica-geniale-elena-ferrante.html" target="_blank">L'amica geniale</a></div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
<b>Le vostre Letture Precarie preferite del 2013</b></div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
1) <a href="http://letture-precarie.blogspot.it/2013/07/i-ragazzi-burgess-elizabeth-strout.html" target="_blank">I ragazzi Burgess</a></div>
<div style="text-align: justify;">
2) <a href="http://letture-precarie.blogspot.it/2013/02/educazione-siberiana-nicolai-lilin.html" target="_blank">Educazione siberiana</a></div>
<div style="text-align: justify;">
3) <a href="http://letture-precarie.blogspot.it/2013/04/mr-gwyn-alessandro-baricco.html" target="_blank">Mr Gwin</a></div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
<b>Best Italian Act</b></div>
<div style="text-align: justify;">
<b><br /></b></div>
<div style="text-align: justify;">
<a href="http://letture-precarie.blogspot.it/2013/12/lamica-geniale-elena-ferrante.html" target="_blank">L'amica geniale</a></div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
<b>Miglior novità</b></div>
<div style="text-align: justify;">
<b><br /></b></div>
<div style="text-align: justify;">
<a href="http://letture-precarie.blogspot.it/2013/11/la-bellezza-delle-cose-fragili-taiye.html" target="_blank">La bellezza delle cose fragili</a></div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
<b>Miglior "mattone"</b></div>
<div style="text-align: justify;">
<b><br /></b></div>
<div style="text-align: justify;">
<a href="http://letture-precarie.blogspot.it/2013/10/middlemarch-george-eliot.html" target="_blank">Middlemarch</a></div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
<b>Migliore raccolta di racconti</b></div>
<div style="text-align: justify;">
<b><br /></b></div>
<div style="text-align: justify;">
<a href="http://letture-precarie.blogspot.it/2013/11/chi-ti-credi-di-essere-alice-munro.html" target="_blank">Chi ti credi di essere?</a></div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
<b>Migliori citazioni</b></div>
<div style="text-align: justify;">
<b><br /></b></div>
<div style="text-align: justify;">
<a href="http://letture-precarie.blogspot.it/2013/02/un-giorno-questo-dolore-ti-sara-utile.html" target="_blank">Un giorno questo dolore ti sarà utile</a> ("A volte le brutte esperienze aiutano, servono a chiarire che cosa dobbiamo fare davvero. Forse ti sembro troppo ottimista, ma io penso che le persone che fanno solo belle esperienze non sono molto interessanti. Possono essere appagate, e magari a modo loro anche felici, ma non sono molto profonde. Il difficile è non lasciarsi abbattere dai momenti brutti. Devi considerarli un dono, un dono crudele, ma pur sempre un dono.")</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
<a href="http://letture-precarie.blogspot.it/2013/10/la-pioggia-prima-che-cada-jonathan-coe.html" target="_blank">La pioggia prima che cada</a> ("“A me piace la pioggia prima che cada”. [...] “Sai, Thea, non esiste una cosa come la pioggia prima che cada. Deve cadere, altrimenti non è pioggia”. [...] “Certo che non esiste una cosa così,” disse. “É proprio per questo che è la mia preferita. Qualcosa può ben farti felice, no? Anche se non è reale.”")</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
<a href="http://letture-precarie.blogspot.it/2013/03/pastorale-americana-philip-roth.html" target="_blank">Pastorale Americana</a> ("...Rimane il fatto che, in ogni modo, capire bene la gente non è vivere. Vivere è capirla male, capirla male e male e poi ancora male. Ecco come sappiamo di essere vivi: sbagliando. Forse la cosa migliore sarebbe dimenticare di avere ragione o torto sulla gente e godersi semplicemente la gita. Ma se ci riuscite... Beh, siete fortunati.")</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
<b>Premio speciale "Piangere come una fontana"</b></div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
<a href="http://letture-precarie.blogspot.it/2013/01/un-giorno-david-nicholls.html" target="_blank">Un giorno</a></div>
<div style="text-align: justify;">
<a href="http://letture-precarie.blogspot.it/2013/08/il-museo-dellinnocenza-orhan-pamuk.html" target="_blank">Il museo dell'innocenza</a></div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Vi auguro buon anno, sperando che questo piccolo blog possa continuare a tenervi compagnia e a darvi qualche buon consiglio di lettura nel 2014.</div>
<div class="context" style="background-color: white; color: #03788e; font-family: Arial, Helvetica, sans-serif; font-size: 12px; line-height: 12px; margin: 1.5em 0px 1em; text-align: right;">
<div class="author" style="font-size: 1.2em; line-height: 1.2em; text-align: justify;">
<br /></div>
</div>
_Silviets_http://www.blogger.com/profile/06004092448401440789noreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-3829093299967731138.post-48424767535937440812013-12-14T20:44:00.001+01:002013-12-14T20:44:45.741+01:00"Tre volte all'alba", Alessandro Baricco<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjeZDjlaQLDDsol8sWopufspVaO9DXc2es5qT7SJhjNbpo8gX3lChRlje6hC8xHX0EeheV8rJFrbjmMATRdbw7Pu9DYoJ7PouX52ERnoQ8j4ZK4K8koodXxe1Qe48Emlsm6iV_C4uOjhbY/s1600/trevoleteallalba.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjeZDjlaQLDDsol8sWopufspVaO9DXc2es5qT7SJhjNbpo8gX3lChRlje6hC8xHX0EeheV8rJFrbjmMATRdbw7Pu9DYoJ7PouX52ERnoQ8j4ZK4K8koodXxe1Qe48Emlsm6iV_C4uOjhbY/s320/trevoleteallalba.jpg" width="206" /></a></div>
<div style="text-align: justify;">
"Tre volte all'alba" è un piccolo romanzo composto da tre racconti che hanno per protagonisti un uomo, una donna e un albergo. Sono racconti che sfidano le leggi spazio temporali: l'uomo e la donna potrebbero essere le stesse persone in tutti e tre i racconti, ma hanno età e passati differenti. Il filo conduttore della storia è l'incontro di due persone diverse e sole, che si aprono l'un l'altra spinte da un inesplicabile fiducia. Gli incontri-scontri avvengono sempre in un albergo (che potrebbe essere lo stesso, oppure no) e sempre all'alba. Il sole che sorge coglie questi incontri e in parte distrugge l'aura di sogno che li circonda, riportando alla realtà i protagonisti. </div>
<div style="text-align: justify;">
"Tre volte all'alba" è un romanzo breve e che si legge d'un fiato. La curiosità è che si tratta di una sorta di spin off di "Mr Gwin" (<a href="http://letture-precarie.blogspot.co.uk/2013/04/mr-gwyn-alessandro-baricco.html" target="_blank">qui</a> la recensione di "Letture Precarie"). Alla fine del romanzo infatti Mr Gwin pubblicava, con lo pseudonimo di Akash Narayan, un romanzo, appunto intitolato "Tre volte all'alba", in cui compariva il ritratto della sua assistente Rebecca. Baricco dopo la stesura della storia di Jasper Gwin si è dilettato nello scrivere anche il libro di fantasia menzionato. Se non avete mai letto "Mr Gwin" non preoccupatevi, è una storia del tutto indipendente. Ma potete anche fare le cose come si deve, visto che col Natale alle porte avrete più tempo per leggere, e comprarli entrambi<span style="font-family: verdana, arial, helvetica, sans-serif; font-size: x-small;">. </span></div>
_Silviets_http://www.blogger.com/profile/06004092448401440789noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3829093299967731138.post-50391987913641025362013-12-06T22:59:00.001+01:002013-12-06T22:59:32.243+01:00"L'amica geniale", Elena Ferrante<div class="MsoNormal" style="text-align: justify; text-justify: inter-ideograph;">
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
</div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
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In un rione povero alla periferia della Napoli
anni Cinquanta, nasce l’amicizia tra due bambine, Elena Greco, detta Lenù, e Raffaella
Cerrullo, detta Lila. Le due vivono nello stesso cortile e frequentano la
stessa classe delle scuole elementari, ma a causa del carattere scorbutico di
Lila e dei suoi atteggiamenti violenti, Elena, seppur affascinata, la teme e le
sta a distanza. Le due cominciano a sfidarsi silenziosamente con una serie di
prove di coraggio. Prima Lila, spavalda, entra in uno scantinato buio, si punge
con una spilla arrugginita, si aggrappa e poi si lancia dalle inferriate del
palazzo, e subito dietro Elena, per dimostrare lo stesso coraggio e
determinazione della sua coetanea. Un giorno Lila comincia a salire le scale
dell’appartamento di Don Achille, ricco salumiere che tutti nel rione temono ed
evitano. Per le scale per la prima volta Lila sembra perdere coraggio e prende
per mano Elena. Da allora le due diventano inseparabili. Il loro controverso
rapporto (fatto di amore incondizionato ma anche di tanta gelosia e
competitività) le accompagna dall’infanzia all’adolescenza, proteggendole dalla
violenza e dal degrado del rione. Ciò che unisce le due, oltre all’amore per i
libri, è la volontà di emanciparsi dal quartiere dove sono nate. Elena persegue
questo proposito attraverso lo studio, frequentando con grande successo il
liceo classico, Lila invece, che ha smesso di studiare dopo la licenza
elementare per via del rifiuto dei suoi genitori, continua a lottare per
“uscire” dal rione prima attraverso i libri della biblioteca, poi focalizzando
i propri obiettivi sulla ricchezza. Le persone ricche, infatti, possono
governare l’intero quartiere, possono dettare legge, spesso con violenza e
brutalità. Lila ed Elena sembrano aver imboccato strade del tutto diverse e
inconciliabili, eppure la loro amicizia ritorna, nei momenti di maggior
bisogno, per diventare sostegno e ragion d’essere.<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify; text-justify: inter-ideograph;">
Non ho una grande passione per la letteratura
italiana contemporanea, specialmente i romanzi scritti da donne mi lasciano
sempre un po’ interdetta. La sensazione che mi rimane addosso è quella di
leggere la versione cartacea di un film di Gabriele Muccino: un’accozzaglia di
gente disperata e isterica, che urla e strilla senza apparente motivo e che non riesce ad avere un rapporto sano con nessun altro essere umano. Mi danno
l’impressione di essere drammoni tragici per puro amore della tragedia, pesanti
fino a sembrare a volte poco verosimili. Ho letto su un sito di cui mi fido
parecchio (<a href="http://www.finzionimagazine.it/" target="_blank">Finzioni</a>, per chi non lo conoscesse), che l’ultimo libro di Elena
Ferrante “Storia di chi fugge e di chi resta” era caldamente consigliato e,
seppur sia parte della trilogia de “L’amica geniale”, lo si poteva leggere
tranquillamente a parte, come romanzo a sé. Sapere di un libro che conclude una
trilogia e non partire dal primo volume mi sembrava un assurdo, e così mi sono
decisa ad acquistare, con curiosità, “L’amica geniale”. Innanzitutto, e questo
mi ha incuriosita ulteriormente, ho scoperto che si tratta di una scrittrice
piuttosto misteriosa: nessuno conosce nulla di lei, potrebbe essere lo
pseudonimo addirittura di uno scrittore uomo, e le poche congetture che si sono
fatte sulla sua vita, sono ispirate dai suoi romanzi, supponendo che partano da
una ispirazione autobiografica. <o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify; text-justify: inter-ideograph;">
Partiamo subito col dire che sono rimasta piacevolmente
colpita perché di “mucciniano” c’è ben poco. Il suo stile semplice e scarno, la
storia che trasuda verità, l’attenzione per i poveri e i disadattati, la
descrizione della vita di quartieri che diventano piccole comunità autonome e
tristemente isolate, mi hanno ricordato (forse anche per l’ambientazione
post-bellica) in qualche modo Vasco Pratolini (opinione
personale del tutto contestabile, ma tant’è). Si tratta di un romanzo ben
architettato e ben scritto che racchiude una complessità di personaggi (Lila in
particolare è una ragazza assolutamente unica e a tratti inquietante a causa
della sua intelligenza straordinaria e della sua mancanza di scrupoli) ben
mescolata con la generale semplicità dello stile e dell’ambiente in cui la
storia si svolge. Questo aiuta il lettore a entrare davvero nel rione e a
mescolarsi con la sua gente, con quella che Elena stessa definirà la “plebe” di
Napoli. <o:p></o:p></div>
<span style="text-align: justify;">Un romanzo di formazione bello e coinvolgente che
spinge il lettore a procurarsi gli altri libri della serie (oltre a “Storia di
chi fugge e di chi resta”, “Storia del nuovo cognome”). Una bella scoperta di
fine anno. </span><br />
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify; text-justify: inter-ideograph;">
<o:p></o:p></div>
_Silviets_http://www.blogger.com/profile/06004092448401440789noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3829093299967731138.post-87160682652714746852013-11-29T14:46:00.000+01:002013-11-29T14:46:28.477+01:00“La bellezza delle cose fragili”, Taiye Selasi <div class="MsoNormal">
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<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhqb9Po82T-i5AqzKCLTuCjsNov_KCFTElgVFDCMkA9C163sLyHQwupBklqzmvP9DNPA64UyM15CrWJLKVJWJmEsviDlR4vmey0eeik84ifMfifXNHLK95SDSZlw4MJ8Nr3HZYtZ1y8hiU/s1600/labellezzadellecosefragili.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhqb9Po82T-i5AqzKCLTuCjsNov_KCFTElgVFDCMkA9C163sLyHQwupBklqzmvP9DNPA64UyM15CrWJLKVJWJmEsviDlR4vmey0eeik84ifMfifXNHLK95SDSZlw4MJ8Nr3HZYtZ1y8hiU/s320/labellezzadellecosefragili.jpg" width="201" /></a></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify; text-justify: inter-ideograph;">
<span lang="IT" style="mso-ansi-language: IT;">Kweku Sai muore solo, nel giardino della
splendida casa che ha costruito nella sua terra di origine, il Ghana, guardando
una farfalla volargli accanto e ascoltando gli uccelli cantare. La sua morte è
resa lenta dal flusso dei suoi ricordi, che corrono lontani, fino a Fola, la
donna che ha amato e con cui ha avuto quattro figli, lontano, negli Stati
Uniti. Kweku ripensa alla sua infanzia, in una piccola capanna di fango in
Africa, e alla sua rivalsa, la borsa di studio che lo ha portato <span style="mso-spacerun: yes;"> </span>a Boston, dove è diventato un chirurgo di
successo. Ma la vita che gli sta scivolando via tra le dita è stata segnata da
una colpa incancellabile: la vergogna per una sconfitta professionale lo ha
spinto a lasciare Fola e i bambini, senza una parola, senza una spiegazione, e
a tornare in Ghana. Mentre Kweku muore solo nell’erba coperta di rugiada, Fola,
che a sua volta è ritornata in Africa, si sveglia d’improvviso, assalita dalla
sensazione che qualcosa di terribile sia accaduto. Nonostante siano passati
anni, il suo invisibile legame con l’ex marito è ancora forte e saldo,
nonostante le ferite che le ha inferto. La notizia della morte improvvisa di
Kweku attraversa l’oceano e arriva ai suoi figli, ormai cresciuti e carichi di
problemi personali. Olu, il maggiore, è terrorizzato dall’amore. Ha una moglie,
Ling, ma non riesce a considerarla la propria famiglia. Troppo spaventato
dall’idea di poterne perdere l’amore o di commettere gli errori di suo padre,
vive una vita asettica, algida, priva di sentimento. Kehinde e Taiwo sono due
gemelli uniti da un drammatico e sconcertante segreto. Kehinde è un artista
affermato, ha tentato il suicidio e ha tagliato tutti i rapporti con il resto
della sua famiglia, ma soprattutto con la sua gemella. Taiwo è stata coinvolta
in uno scandalo, diventando l’amante di un suo professore universitario. Infine
c’è Sadie, la piccola della famiglia, che odia il suo corpo, si sente oppressa
dal legame morboso che Fola ha instaurato con lei dopo l’abbandono di Kweku, e
si sente inferiore in tutto rispetto ai suoi fratelli maggiori, considerati
belli, talentuosi, intelligenti e brillanti. La famiglia Sai non ha un
baricentro, non ha unità. È un insieme di persone che portano rancore le une
verso le altre, e che vivono sparpagliate per il mondo senza sentirsi più
legate da alcun vincolo affettivo. Appena venuto a conoscenza della morte del
padre, Olu organizza il viaggio che lo riporterà, coi suoi fratelli e con Ling,
nella terra da cui i loro genitori sono venuti. Questo viaggio nel cuore delle
proprie radici, per piangere un padre che è un mero ricordo per molti di loro,
diventa occasione per affrontare i propri demoni e i fantasmi del passato.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify; text-justify: inter-ideograph;">
<span lang="IT" style="mso-ansi-language: IT;">Taiye Selasi è una giovane scrittrice di
origine Africana che ben rappresenta la nuova generazione dei così detti
“Afropolitan”: è per metà nigeriana e per metà ghaniana, è nata a Londra, ha
studiato a Oxford e Yale, vive e lavora tra Roma e gli Stati Uniti. Proprio il
suo saggio del 2005 “What is an Afropolitan?”, ha dato un volto a questi nuovi
africani, colti, sofisticati, provenienti dalle migliori università e cittadini
del mondo, a dispetto di tutti i pregiudizi e i luoghi comuni. “Afropolitan” è
anche il termine migliore per descrivere questo romanzo (in inglese intitolato
“Ghana must go”, la frase che i nigeriani rivolgevano ai rifugiati politici
ghaniani negli anni ‘80), che affonda le sue radici in Africa, ma che è
germogliato in Occidente, come i suoi personaggi principali e come la sua
autrice. Questo esordio straordinario è divenuto immediatamente un caso
editoriale ed ha ricevuto la benedizione di Salman Rushdie. Taiye Selasi scrive
con una grazia e una delicatezza uniche, con una dovizia di particolari
sorprendente. Pagine e pagine sono dedicate alla descrizione minuziosa di
corpi, di sentimenti, di paesaggi, che ci vengono non raccontati ma dipinti. I
personaggi di questo libro, e la loro sofferta evoluzione, sono profondi e
dolorosi. Si piange molto leggendo “La bellezza delle cose fragili” perché
questa scrittrice sa arrivare dritta al cuore dei suoi personaggi, e quindi dei
suoi lettori. La famiglia Sai vive nella contraddizione, infatti è devastata
dalla perdita dell’amore ma allo stesso tempo tenta di fuggire dall’amore
stesso, che li soffoca e li opprime silenziosamente, spingendoli ad
allontanarsi gli uni dagli altri. <o:p></o:p></span></div>
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<div class="MsoNormal" style="text-align: justify; text-justify: inter-ideograph;">
<span lang="IT" style="mso-ansi-language: IT;">Un bellissimo e commovente romanzo,
delicato e duro allo stesso tempo, una voce nuova e promettente, da tenere
d’occhio. <o:p></o:p></span></div>
_Silviets_http://www.blogger.com/profile/06004092448401440789noreply@blogger.com4tag:blogger.com,1999:blog-3829093299967731138.post-28485037862072913092013-11-11T22:08:00.004+01:002013-11-11T22:08:56.801+01:00"Chi ti credi di essere?", Alice Munro<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhCZdbotGk64lkZpORp9eCZ5YN-BhoR6mvTxhGpvvPxrcd-CfXPpqSvz094_e5zgXOcZVZYGSUElevjbNLt03vDIMDmVs_CxoifOVCjYDYTv6-NV06CcvgrmjabLyjO5CMQo-2V8NWe8m0/s1600/chi+ti+credi+di+essere_.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhCZdbotGk64lkZpORp9eCZ5YN-BhoR6mvTxhGpvvPxrcd-CfXPpqSvz094_e5zgXOcZVZYGSUElevjbNLt03vDIMDmVs_CxoifOVCjYDYTv6-NV06CcvgrmjabLyjO5CMQo-2V8NWe8m0/s320/chi+ti+credi+di+essere_.jpg" width="200" /></a>«Leggete tutto di Alice Munro, ma per cominciare leggete “Chi ti credi
di essere?”. Sí, cominciate da quello» consiglia il buon Jonathan Franzen.
E io i buoni consigli li ascolto eccome. Da parecchio tempo dovevo supplire alla mia grave mancanza, non aver mai letto nulla di Alice Munro. Dopo esser stata insignita del Premio Nobel per la Letteratura 2013, da mancanza la mia è diventata una gravissima colpa, a cui dovevo assolutamente rimediare. Dopo aver letto questa frase di Franzen la scelta è stata obbligata.</div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
“Chi ti credi di essere?” è un romanzo costituito da dieci racconti
che hanno per protagoniste due donne apparentemente antitetiche: Flo e Rose.
Flo è volgare, a tratti crudele, rozza, eppure ha un cuore d’oro e una generosità fuori dal normale. Rose è la sua
figliastra e tenta disperatamente di essere il suo esatto contrario: ogni occasione per contraddire Flo, per farla sentire inadeguata, diventa ragione di vita. I racconti
compongono una sorta di romanzo di formazione, lungo quarant’anni, seguendo le fila della vita di
Rose. Essendo racconti, le storie narrate sono meri flash, brevi ma significativi estratti della sua esistenza. Prima ragazzina nel paesino canadese di West Hanratty, rozzo, crudele e
volgare proprio come Flo, dove Rose cresce vittima della povertà e del rapporto di amore e odio
con la matrigna, che le vede entrambe impegnate in una guerra senza esclusione di colpi per
guadagnarsi i favori del padre/marito morente. Rose vive un’adolescenza in fuga
dal suo squallido mondo: attraverso lo studio, i romanzi, il sogno di diventare
attrice, tenta di prendere le distanze dalle sue origini. Con i suoi sforzi riesce ad ottenere una borsa di studio per l’università e così a fuggire lontano dalla provincia
ignorante per approdare in città, in un mondo dove i suoi racconti su West Hanratty vengono scambiati per macabre e surreali favole. Ma anche lontano chilometri dal mondo in cui è cresciuta, la domanda che
spesso Flo le ha posto con disprezzo “Chi ti credi di essere?”, la perseguita
come un anatema. Cosa è davvero Rose? Cosa vuole diventare? In una ricerca
continua di se stessa, la ragazzina diventa donna ma continua a fuggire per un
Canada perennemente innevato, con lo scopo di scappare dai demoni che ha dentro di sé. Ad ogni problema, ad ogni complicazione il fragile io
di Rose si incrina. Sempre in ansia a causa dei giudizi altrui, si dà alla fuga non appena
qualcosa rischia di ferirla. Finché non sarà costretta a
tornare a West Hanratty, per capire che in fondo quello è il mondo di cui fa davvero parte.</div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
Un grandissimo romanzo, una narrazione straordinaria e un Canada come non lo immaginavo. Ora posso assolutamente capire l'Accademia Svedese e la sua scelta. Alice Munro sa descrivere una serie di personaggi davvero unici: uomini e donne colti nei loro momenti più bui, sono creature inermi e impotenti di fronte alla loro fragilità e ai loro difetti. Una scrittrice davvero strepitosa, che nel brevissimo spazio di un racconto riesce a dipingere con delicatezza e precisione un'intera esistenza. </div>
_Silviets_http://www.blogger.com/profile/06004092448401440789noreply@blogger.com4tag:blogger.com,1999:blog-3829093299967731138.post-64641296248157976082013-10-31T22:27:00.001+01:002013-10-31T22:27:14.248+01:00"Middlemarch", George Eliot<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEivmQsx7O1_PhJwHCoFNMkMMcA_cxGEnHOW2XrVr7c65koUxINVgQrS5Y9cotgbQBwRyTQabcBspE-9TISvlDUjUSWF0OIWfQRO1l6eR3Ee1TCw5yIicO3r0ZvzOPcS2sTF9qlu527DjNg/s1600/middlemarch.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEivmQsx7O1_PhJwHCoFNMkMMcA_cxGEnHOW2XrVr7c65koUxINVgQrS5Y9cotgbQBwRyTQabcBspE-9TISvlDUjUSWF0OIWfQRO1l6eR3Ee1TCw5yIicO3r0ZvzOPcS2sTF9qlu527DjNg/s320/middlemarch.jpg" width="204" /></a></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify; text-justify: inter-ideograph;">
I classici corposi sono la mia passione per gli
stessi motivi per cui il lettore medio di solito li snobba. Le mille e più
pagine non mi spaventano, anzi sono un buon modo per affezionarsi ai personaggi
e scoprire tutto di loro, il linguaggio pomposo e un po’ affettato dell’Ottocento
mi affascina (vorrei poter usare ogni giorno parole come “redingote” o “cretonne”),
le infinite digressioni sugli usi e costumi di un’epoca (pur ammettendone la
pesantezza, sono pur sempre umana!) mi interessano moltissimo. “Middlemarch” è
l’impresa del 2013. Si tratta di un romanzo in Italia forse poco conosciuto.
George Eliot lo scrisse a partire dal 1869 e lo pubblicò dapprima a puntate
(tra il 1871 e il 1872), vista la sua mole considerevole, e poi come opera
unitaria nel 1874. La vicenda è piuttosto complessa. Si svolge nella città
inventata di Middlemarch, nel cuore dell’Inghilterra rurale delle Midlands, tra
il 1830 e il 1832, prima della riforma elettorale e dello scoppio della
rivoluzione industriale. Tra i numerosi protagonisti, un ruolo centrale è
affidato a Dorothea Brooke, una giovane donna benestante, piena di talento e di
moralità. A essa sono dedicati sia il breve preludio che la conclusione
dell’opera, in cui viene paragonata all’indomita Santa Teresa d’Avila. Dorothea
contrae un avventato matrimonio con un anziano e malato studioso, Mr. Casaubon,
attratta dall’istruzione e dal sapere che spera egli le infonderà, e
dall’ammirazione per l’opera che egli sta scrivendo da anni e a cui essa spera
di partecipare in qualche modo. Ben presto si renderà conto non solo dell’infondatezza
delle proprie speranze, ma anche dell’assoluta indifferenza del marito e,
desiderosa di amore e affetto, verrà invece attratta dal di lui cugino, Will
Ladislaw, un giovane idealista e vagabondo, alla ricerca di se stesso. Tra i
due nasce una bella amicizia che potrebbe diventare amore alla scomparsa di
Casaubon, ma questi, straziato dalla gelosia, inserisce nel proprio testamento
una postilla che rende impossibile l’unione tra Dorothea e Will. Ma Middlemarch
è popolata anche da altri personaggi, di varia estrazione sociale, i cui
destini si intrecciano con quello di Dorothea: i Vinchy sono ricchi borghesi,
molto goderecci e modaioli. La bellissima figlia Rosamond sposa un medico, Mr.
Lydgate, per salire nella scala sociale, pur non amandolo; il figlio Fred
invece spera di arricchirsi ereditando denaro e non sa quello che vuole fare
della propria vita. Ci sono poi i buoni Garth, strenui lavoratori sempre alle
prese con problemi economici, il parroco Mr Fearbrother, che mantiene la madre
e le zie e per arrivare a fine mese gioca per soldi a carte. Middlemarch è
insomma un universo composito e ricco, pieno di umanità e vizi, di brava gente
e di figure losche. Dietro le vite impeccabili dei suoi cittadini si nascondono
i peggiori peccati, anche quando questi sono certi di agire in piena buona fede
e secondo le ipocrite regole dell’Inghilterra rurale.<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify; text-justify: inter-ideograph;">
Il romanzo porta il sottotitolo “Uno studio di
vita provinciale” ed in gran parte è proprio questo. La Eliot interviene spesso
in modo diretto nella narrazione, commentando le gesta dei protagonisti, come
se fosse un’insegnante che commenta una lezione. Anche il linguaggio esprime
questo spirito educativo e contribuisce a rendere l’opera particolarmente
realista (se si escludono i personaggi buffi di Mr. Brooke e della piccola Miss
Noble). I temi che vengono trattati, e che sono imprescindibili dall’intreccio,
sono la morale, la religione, la scalata sociale e l’ipocrisia delle
convenzioni borghesi, l’avvento della tecnologia in una società rurale, le
riforme politiche, il ruolo della donna e come esso si evolve con il
matrimonio. Specialmente su questo punto Eliot insiste parecchio. Dorothea è
una donna molto moderna (se escludiamo la sua religiosità estrema), che anela a
emanciparsi, a crescere e a prendere in mano il proprio destino, specialmente
dopo aver sperimentato l’opprimente condizione di moglie di Mr. Casaubon.
Eppure proprio sul finale qualcosa sembra andare storto perché Dorothea
sacrificherà di nuovo le proprie ambizioni per amore. Questa è una delle
critiche che più spesso vengono mosse al romanzo, ma dobbiamo pur sempre
ricordare che si tratta di un’opera di fine ‘800, e personalmente l’ho trovata
estremamente moderna e diversa rispetto ai soliti romanzi dell’epoca. La mia
impressione è stata che laddove finiscono le grandi storie d’amore delle
sorelle Brönte o di Jane Austen, lì comincia “Middlemarch”, svelandoci cosa si
nasconde dentro i bei palazzi dei ricchi, dentro i cottage decadenti dei
poveri, e soprattutto cosa accade alle nostre eroine una volta che si ritrovano
con la fede al dito e costrette a fare figli e a rinunciare alle loro esistenze
come donne, per diventare “mogli”.</div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify; text-justify: inter-ideograph;">
Uno splendido romanzo inglese, pieno di pizzi e
tazze di the, lacrime e amori cavallereschi, seppure ben più realistico e meno
idilliaco di quanto di certo avete letto fino ad ora e di quanto mi aspettavo.
Come tutti i “libroni” va affrontato con pazienza: se si resiste alle prime
100-150 pagine senza abbandonarlo, poi non lo si può più lasciare.</div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify; text-justify: inter-ideograph;">
<o:p></o:p></div>
_Silviets_http://www.blogger.com/profile/06004092448401440789noreply@blogger.com2tag:blogger.com,1999:blog-3829093299967731138.post-9237282555225676912013-10-23T14:43:00.000+02:002013-10-23T14:43:03.917+02:00"La pioggia prima che cada", Jonathan Coe
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<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjUvInxogzHzLthHsmni2Zz3w6Yw2Ep5ClHJAnv21RVKmgDIC9TfhacrTnlmkB7uLwka1_LBvxHjJ2tw7VVRHbXWI5MZkdOYjTRCz6OJT00ANqcCIVjhJcjf1CFtLz_gwyUUVXUAz54haQ/s1600/lapioggiaprimachecada.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjUvInxogzHzLthHsmni2Zz3w6Yw2Ep5ClHJAnv21RVKmgDIC9TfhacrTnlmkB7uLwka1_LBvxHjJ2tw7VVRHbXWI5MZkdOYjTRCz6OJT00ANqcCIVjhJcjf1CFtLz_gwyUUVXUAz54haQ/s320/lapioggiaprimachecada.jpg" width="201" /></a></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify; text-justify: inter-ideograph;">
<span lang="IT"><span style="font-family: Verdana, sans-serif;">“La pioggia prima che cada” è un romanzo
del 2007 di Jonathan Coe. Non avevo mai letto nulla di questo scrittore
nonostante le insistenze di una mia carissima amica che lo ama molto. Ora che
vivo a 40 km da Birmingham, nelle sue Midlands, non potevo proprio più
tergiversare. E così mi sono lanciata in questa lettura davvero molto piacevole
e scorrevole. <o:p></o:p></span></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify; text-justify: inter-ideograph;">
<span lang="IT"><span style="font-family: Verdana, sans-serif;">Alla morte della sua anziana zia Rosamond,
Jill si ritrova col gravoso compito di rintracciare una misteriosa donna a cui
la zia era legatissima, Imogen, e consegnarle, oltre alla sua parte di eredità,
anche un misterioso pacco con sei audiocassette all’interno. La missione
purtroppo si rivela più complicata del previsto, Imogen sembra essere scomparsa
nel nulla e pochissime tracce della sua esistenza sono rimaste. Dopo mesi di
sconfortanti ricerche, Jill e le sue figlie, Catherine ed Elizabeth, decidono
di ascoltare i nastri lasciati da Rosamond: si tratta della minuziosa
descrizione di venti fotografie che Rosamond usa come espediente per narrare a
Imogen la sua storia e quella della sua cara amica e cugina Beatrix. Jill e le
sue figlie si ritroveranno ben presto perse in un racconto che attraversa mezzo
secolo, passando da Birmingham allo Shropshire e arrivando a Londra, per poi
fuggire lontano, in Canada, e le cui protagoniste assolute sono tutte donne:
Rosamond, Beatrix, Rebecca, Ivy, Thea, Ruth, per arrivare alla piccola, innocente
e sfortunata Imogen. Si renderanno ben presto conto dei segreti e dei misteri
racchiusi in questa storia complicata e triste, fatta di una serie di tragedie
concatenate di cui Rosamond, con la disperazione delle sue ultime ore di vita, cerca
di trovare un senso, anche se mai una giustificazione. Tra le sue parole si
capta la necessità di scorgere, tra le spirali dei destini, un nesso, un filo
logico, un perché a cui aggrapparsi per dare significato al tutto. Il mondo
descritto da Rosamond è un mondo di donne forti ma allo stesso tempo drammaticamente
fragili, donne in cerca di amore, che sembra sempre soluzione alla loro
fragilità ma che eppure resta sempre una chimera irraggiungibile, qualcosa di
irreale, come la pioggia prima che cada appunto.<o:p></o:p></span></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify; text-justify: inter-ideograph;">
<span lang="IT"><span style="font-family: Verdana, sans-serif;">Essendo il primo romanzo di Coe che leggo
non ho molti metri di paragone. Posso dire che mi ha davvero rapita, l’ho
divorato e l’ho amato moltissimo, anche se dal punto di vista emotivo mi ha
commossa fino alle lacrime. Le figure femminili che Coe ci racconta sono
crudeli, allo stesso tempo vittime e carnefici, ma tristemente vere. Ognuno di
noi in esse può trovare una parte di se stesso, vedere, come riflesse in uno
specchio, le proprie fragilità e le proprie meschinità. Il motore di tutto
l’universo che ci viene descritto è la ricerca dell’amore (e non solo quello
passionale), o la sua assenza, e questo rende ancora più semplice il processo
di immedesimazione. Si divorano le pagine di questo romanzo sperando che il
cerchio dei destini si spezzi e che la catena di dolore si interrompa in
qualche modo, ma proprio come nella vita reale, non sempre le storie finiscono
con un “E vissero per sempre felici e contenti”. Assolutamente consigliato.</span><o:p></o:p></span></div>
<!--EndFragment-->_Silviets_http://www.blogger.com/profile/06004092448401440789noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3829093299967731138.post-68988426126799520742013-10-14T22:34:00.002+02:002013-10-14T22:34:59.864+02:00"La Prosivendola", Daniel Pennac
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<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgACFIHkXv5LsZnGmBP7kpWRgbxH9r2-EKw1F3-930gWs1mvZU6kFUbk78f5OoUzOs4hKQ_uesZZtQ2Ad886-mrjjjav_34mankMFf1giW9WFax-Kq80HJ7yg6xhw-oc1cYFVIbYkMVJvE/s1600/laprosivendola.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgACFIHkXv5LsZnGmBP7kpWRgbxH9r2-EKw1F3-930gWs1mvZU6kFUbk78f5OoUzOs4hKQ_uesZZtQ2Ad886-mrjjjav_34mankMFf1giW9WFax-Kq80HJ7yg6xhw-oc1cYFVIbYkMVJvE/s320/laprosivendola.jpg" width="204" /></a></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify; text-justify: inter-ideograph;">
<span style="font-family: Verdana, sans-serif;">In
attesa del film tratto da <a href="http://letture-precarie.blogspot.co.uk/2013/03/il-paradiso-degli-orchi-daniel-pennac.html" target="_blank">“Il paradiso degli orchi”</a> (che purtroppo a quanto
pare in Inghilterra non verrà distribuito), la Lettura Precaria di oggi è il terzo
capitol<span lang="IT">o della saga della stramba
famiglia Malaussène. Dopo aver aiutato a risolvere il caso degli anziani
tossicodipendenti di Parigi, di cui inizialmente era stato accusato ne “La fata
carabina” (<a href="http://letture-precarie.blogspot.co.uk/2013/03/la-fata-carabina-daniel-pennac.html" target="_blank">vedi recensione</a>), Benjamin Malaussène torna alla sua vita di sempre
in compagnia della sua strana famiglia di orfani, alla sua amata Julie e ai due
nuovi arrivati, l’ispettore Van Thian e la piccola e iraconda Verdun, nata da
poco e subito abbandonata dalla mamma Malaussène, fuggita a Venezia col suo
nuovo amore, il commissario di polizia Pastor. Benjamin però ha un nuovo
cruccio, oltre a quello di essere il Capro Espiatorio delle Edizioni del
Taglione: Clara, la sua adorata sorella minore, ha conosciuto un uomo e lo sta
per sposare, contro la sua volontà. Il suo nome è Clarence (“<i>Clara e Clarence… m’immagino la faccia della
regina Zabo se avesse trovato una cosa del genere in un manoscritto! Clara e
Clarence! Nemmeno la serie Harmony avrebbe il coraggio di inventarsi una perla
simile.</i>”) Sant’Inverno, ha quasi sessant’anni ed è il direttore di un
carcere modello parigino. Qui egli porta avanti idee rivoluzionarie sulla
detenzione dei criminali, che considera creatori che non hanno trovato
un’occupazione, e li indirizza verso le arti. C’è chi dipinge, chi recita, chi
scrive e chi suona i più svariati strumenti musicali. Tutto sembra perfetto, meraviglioso
e paradisiaco, finché, la notte prima del matrimonio, Sant’Inverno non viene
brutalmente trucidato. La famiglia Malaussène è di nuovo implicata in una torva
storia di violenza ma questa volta, invece di gettarvisi a capofitto nel
tentativo di risolvere il caso, Benjamin e i suoi fratelli decidono, su consiglio
del commissario Rabdomant che ormai ne conosce la capacità di ficcarsi nei
guai, di dedicarsi a tutt’altra attività: la Regina Zabo infatti chiede a
Benjamin di interpretare un famosissimo scrittore, che ha venduto milioni di
copie di romanzi molto commerciali, e per questo disprezzati da Benjamin ma
adorati dalle sue sorelle. Il vero scrittore d’oro, in realtà un famoso
ministro, e vuole rimanere anonimo, protetto dallo pseudonimo J.L.B. e dal
volto di Benjamin. L’impresa, che sembra umiliante e svilente come tutti gli
incarichi di Capro Espiatorio al Taglione ma parecchio remunerativa, dovrebbe
essere uno scherzo per Benjamin, ma ovviamente, quando di mezzo c’è la famiglia
Malaussène, nulla è come sembra e i colpi di scena sono dietro l’angolo.<o:p></o:p></span></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify; text-justify: inter-ideograph;">
<span lang="IT"><span style="font-family: Verdana, sans-serif;">C’è ben poco da dire su questo romanzo sennonché
si tratta dell’ennesima bella prova dell’ottimo Pennac, che con la sua ironia e
fantasia ci dipinge una famiglia che è tanto splendida e semplice da risultare
surreale. Mentre Parigi sembra un Far West di sparatorie, violenza, criminalità
e menzogne, il candore estremo e la bontà dei Malaussène sono un faro nella
notte, e rappresentano una speranza palpitante e contagiosa. Una serie di
romanzi che inevitabilmente ha segnato la storia della letteratura
contemporanea e che resta nei cuori dei suoi lettori. </span><o:p></o:p></span></div>
<!--EndFragment-->_Silviets_http://www.blogger.com/profile/06004092448401440789noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3829093299967731138.post-38878784439086860572013-09-28T23:51:00.003+02:002013-09-28T23:51:45.485+02:00"Suite francese", Irène Némirovsky<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgOsNMtiki4tGbX5lp9VPpaUYQ5jUgKqE74JLYboZB6UN0jaGICzvMXrugoOlZIuccKQpGlB4EKubrRMv9goNZaPp2qwgNNHv178C58PGWYKC-IA0umFFYd-14oRyDobJAsE5vv9tUUQEI/s1600/suite+francese.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgOsNMtiki4tGbX5lp9VPpaUYQ5jUgKqE74JLYboZB6UN0jaGICzvMXrugoOlZIuccKQpGlB4EKubrRMv9goNZaPp2qwgNNHv178C58PGWYKC-IA0umFFYd-14oRyDobJAsE5vv9tUUQEI/s320/suite+francese.jpg" width="204" /></a></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Verdana, sans-serif;">"Suite francese" è l'ultima drammatica opera di Irène Némirovsky. Questa scrittrice ucraina, ma naturalizzata francese, ha una storia crudele. Visse infatti una vita brevissima e sempre in fuga. Prima il trasferimento in Russia, ancora bambina, poi la fuga nel 1918 a causa della rivoluzione. In Francia essa trovò non solo l'amore ma anche la fama come scrittrice. Con l'avvento della seconda guerra mondiale e con l'ascesa del nazismo, essa fu costretta alla latitanza a causa della propria condizione di ebrea, insieme alla propria famiglia, nella Francia rurale ormai assoggettata ai conquistatori tedeschi. Ma a nulla valse la sua estrema notorietà come narratrice, né la conversione al cattolicesimo o la fuga: nel luglio del 1942 fu arrestata e deportata ad Auschwitz dove morì poco dopo il suo arrivo. Aveva appena trentanove anni. Durante la latitanza la Némirovsky cominciò la stesura di questa sua ambiziosa opera, "Suite Francese", di cui scrisse, e non revisionò, due dei cinque atti che aveva progettato, "Tempesta in giugno" e "Dolce". Si tratta di un romanzo complesso e ricco, una sorta di poema epico di cui la Francia sconfitta e invasa dall'esercito tedesco non solo ne è scenario, ma anche protagonista assoluta. Le vicende hanno inizio nel giugno del 1940, con i parigini in fuga da una città ormai perduta e col nemico alle porte. "Tempesta di giugno" narra di alcune di queste persone fuggiasche ed in particolare della ricca famiglia Péricard, dei piccolo borghesi Michaud e del celebre scrittore Gabriel Conte. Tutti, a loro modo e coi loro mezzi, tentano di fuggire da Parigi per raggiungere il cuore della Francia e scampare all'irresistibile avanzata tedesca. Ben presto conosceranno la fame, la paura, la morte, attraversando una nazione ormai allo sbando, dove nessuna regola morale o legge paiono esistere più. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Verdana, sans-serif;">Nel secondo atto, "Dolce", lo scenario cambia radicalmente. Siamo a Bussy, un borgo occupato dall'esercito tedesco. la Némirovsky si sofferma a descrivere la dura vita dei poveri, le restrizioni, i duri divieti tedeschi. Ma ci viene raccontata anche quella di cui i libri di storia non parlano, e cioè l'inevitabile integrazione tra occupati e occupanti. I soldati tedeschi oltre ad essere l'incarnazione del nemico, sono ragazzi lontani dalle loro famiglie, che cercano in qualche modo di trovare affetto e simpatia tra gli abitanti di Bussy. I protagonisti di questo atto sono i contadini Labarie, già conosciuti nella parte precedente, e la famiglia Angelier, ricchi borghesi la cui villa viene destinata ad alloggio di un comandante tedesco. Mentre il fedifrago marito è prigioniero di guerra, tra l'infelice Lucile Angelier e il suo ospite, Bruno von Falk, nasce una segreta e scandalosa storia d'amore, fatta per lo più di silenzi. Il romanzo si conclude con i tedeschi in procinto di lasciare Bussy alla volta della Russia, nell'estate del 1941, e con Lucile pronta a partire per Parigi per salvare Benoit Labarie, macchiatosi del delitto di un ufficiale tedesco. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Verdana, sans-serif;">"Suite francese" fu pubblicato nel 2004 da Denise Epstein, una delle sue due figlie, ritrovato in una vecchia valigia che conteneva i diari, le lettere, le bozze dell'intensissima attività di Irène. Infatti la sua produzione fu straordinaria, la scrittura per lei fu un atto necessario, spontaneo, irrinunciabile, anche quando la carta scarseggiava per via della guerra. </span><span style="font-family: Verdana, sans-serif;">"Suite francese" è un romanzo incompleto, ma allo stesso tempo finito. </span><span style="font-family: Verdana, sans-serif;">Non sapremo mai nulla dei destini dei personaggi che la Némirovsky ci descrive con tanta solerzia e crudeltà, eppure in parte li possiamo comprendere. Tutti sono in balia della storia e tutti da essa sono spinti a mostrare il loro lato peggiore e bestiale. Solo i Michaud e Lucile paiono conservare la loro umanità, seppur imperfetta. L'odio della Némirovsky per la ricca borghesia francese, per le contraddizioni della sua nazione adottiva, ed in particolare per le donne, trovano perfetta espressione nella sua incontenibile rabbia, che traspira da ogni parola e non è stata limata dalla revisioni.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Verdana, sans-serif;">Un bel romanzo, assolutamente unico nel suo genere, e che ha permesso di ridare meritata notorietà ad una grande scrittrice dal destino sfortunato.</span></div>
_Silviets_http://www.blogger.com/profile/06004092448401440789noreply@blogger.com0