lunedì 4 febbraio 2013

"Educazione siberiana", Nicolai Lilin


Nicolai Lilin è uno scrittore russo, naturalizzato italiano, con alle spalle una storia incredibile di violenza che ha raccontato in diversi romanzi e racconti. “Educazione siberiana”, edito da Einaudi nel 2009, è il suo romanzo d’esordio e racconta la sua vita a Bender, in Transnitria, dalla nascita, nel 1980, ai 18 anni. Lilin è nato e cresciuto nell’ambiente criminale degli Urka Siberiani, educato secondo i principi ferrei di questo clan malavitoso. L’onore, le violenze, le scarse prospettive di riscatto dei giovani siberiani, fuori e dentro le carceri russe, vengono narrate dall’autore con un verismo crudo e tagliente. Le risse, gli stupri, gli omicidi legati a vendetta e onore, sono all’ordine del giorno in questo mondo che si fonda su regole rigide e su una propria precisa filosofia, i cui principi basilari sono la profonda venerazione religiosa, il rispetto per gli anziani e la famiglia, l’odio verso la legge e lo Stato, la sottomissione completa al volere del gruppo criminale. A tratti l’impressione è che non si possa trattare di una storia vera, tanto è assurdo, per noi che viviamo a migliaia di chilometri, che certi episodi possano accadere a bambini e ragazzini. I protagonisti del romanzo sono, come me, nati agli inizi degli anni Ottanta e il mio istinto naturale è stato quello di pensare alla mia infanzia candida e protetta mentre leggevo del primo coltello di Lilin, del carcere minorile o di alcune efferate vendette. Insomma, il mondo di “Educazione siberiana” è talmente vivido nella sua cruda e cieca violenza da sembrare irreale.
“Educazione siberiana” è un romanzo difficile da leggere. Ha una struttura molto complessa fatta di flashback, digressioni, aneddoti, che si mescolano alla narrazione principale appesantendola e rendendo difficoltoso seguirne le fila. Soprattutto la parte iniziale del romanzo è molto pensante, con Lilin che snocciola tutte le regole e i precetti Urka, mentre in seguito si fa più ritmato e te lo divori in fretta. Il linguaggio è scarno e duro, ma mai volgare. Certo, la violenza che viene descritta è veramente estrema, incredibile e difficile da affrontare. In particolare ho trovato veramente faticoso procedere con la lettura di un episodio di violenza in carcere minorile, per via delle descrizioni dettagliate delle efferate torture subite da alcuni ragazzi, mi sentivo quasi male.
Tutto sommato è un libro che segna e che, se si ha il coraggio, andrebbe letto per conoscere un mondo lontano anni luce dal nostro e allo stesso tempo molto vicino.

Nessun commento:

Posta un commento