Eh sì, io sono decisamente
un’amante delle imprese difficili e soprattutto ho una segreta passione: i
romanzoni infiniti del 1800. Non so resistere al segreto fascino di quei volumi
enormi, molto spesso vecchi e polverosi, a quelle storie complesse, intricate,
drammatiche fino al paradosso, a quelle digressioni lunghe decine e decine di
pagine in cui il romanziere di turno ci spiega tutto (ma proprio tutto) di un
evento storico, di una tradizione, degli usi e costumi di chissà quale strana
popolazione delle sperdute steppe russe. Non ce la faccio, è più forte di me,
appena scattano le vacanze io vengo calamitata verso il mio romanzone di turno.
E così mi vedrete in spiaggia con i miei tomoni enormi, invece di brandire con
disinvoltura “Harmony”, varie sfumature o giornaletti di gossip. Che devo
farci? L’istinto è istinto, e come saprà chi legge questo blog, io alla voce
dei libri che ti chiamano credo più che mai. Quest’anno a chiamarmi è stato “I
miserabili”. Quelle letture da ombrellone. Erano anni che lo sentivo ronzare e
quest’estate è stata decisiva.
Che dire de “I miserabili”?
Non è certo semplice muovere delle critiche a Victor Hugo! Il romanzo narra le
vicende di vari personaggi nella Parigi post Restaurazione, seguendone le
vicende per circa 20 anni (dal 1815 al 1833). I protagonisti indiscussi dell’opera
appartengono agli strati più bassi della società e danno addirittura il titolo
all’opera: sono persone poverissime, ex galeotti, prostitute, monelli di
strada, borghesi decaduti. È una storia di cadute e di risalite, di peccati e
di espiazione, un continuo cammino verso la redenzione e il miglioramento di sé
stessi. La strada è difficile e solo i buoni ce la possono fare, mentre gli
inetti e i malvagi ricadono in un baratro buio e orribile di miseria morale. Il
personaggio principale di questa via di redenzione è il misterioso ex forzato
Jean Valjean. Egli ha scontato diciannove anni di galera per aver rubato un
tozzo di pane ed è abbrutito e indurito da quel duro regime che gli ha rubato l’intera
giovinezza. Grazie all’incontro con un povero vescovo investito di santità,
egli capisce che la sua missione nella vita è quella di redimersi e fare del
bene, mettendo le vite altrui di fronte alla propria. È di qui che iniziano
tutte le vicende delle quali Jean Valjean è una sorta di centro di gravità a
cui tutto si ricollega: c’è Fantine, bella e gioiosa, costretta a vendere se
stessa pur di garantire un qualche tipo di esistenza alla figlia Cosette; i
Thénardier, malvagi e avidi locandieri che crescono Cosette come una schiava e diventano
presto truffatori professionisti, abbagliati dalle speranze di facili guadagni;
c’è la stessa Cosette, dolce e innamorata adolescente che diventa faro dell’esistenza
di Valjean; Marius Pontmercy, giovane studente ripudiato ed idealista che
rimane abbagliato dalla ragazza. E poi c’è Parigi, con i suoi drammi, la sua
povertà, la sua tragica bellezza fatta di vite che si intrecciano e si perdono,
come i monelli delle sue strade. E c’è la Storia, che trascina i suoi
protagonisti verso il loro inesorabile destino.
Devo ammettere che la
storia di Jean Valjean mi ha conquistata: non c’è nulla che sia mai stato
scritto che non si possa anche trovare ne “I miserabili”, è una sorta di
enciclopedia del romanzo. Certo la lettura non è decisamente scorrevole: ad ogni
nuovo capitolo di accompagna una digressione, una parentesi, in cui Hugo ci
istruisce su vari temi storici, sociali, culturali della Francia
post-rivoluzionaria, che non sono esattamente leggeri da affrontare. Ovviamente
sono anche estremamente interessanti, ma come sapete io tento sempre di dirvi
chiaro e tondo cosa si deve affrontare leggendo un libro, e questo non è una
passeggiata. In tutta sincerità ho adorato moltissime pagine di questo romanzo,
ma se dovessi eleggere il mio “romanzone” ottocentesco preferito, non sarebbe
lui a guadagnare la palma (quella rimane saldamente nelle mani di Tolstoj e del
suo “Guerra e Pace”). Se siete appassionati di storia, di Napoleone, di Parigi però
uno sforzo dovreste proprio farlo perché Hugo riesce a portarci per mano per la
città e per quei tempi ormai passati con una maestria straordinaria. In fondo è
o non è Victor Hugo?
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