"Mancarsi" è un romanzo breve (o un racconto lungo?) che parla di amore, solitudine e fatalità. Irene ha lasciato il marito perché si sentiva infelice, invece Nicola, pur avendo smesso di amarla da tempo, è rimasto con la dispotica e algida moglie Licia, ma, in seguito ad un tragico destino, è rimasto solo. I due cercano, ognuno a modo suo, di rifarsi una vita e di inseguire la tanto agognata felicità, e sarebbero perfetti l'uno per l'altra se solo si incontrassero. Infatti le loro vite scorrono parallele e a unirli non vi è che un piccolo bistrot, che entrambi frequentano ad orari sempre diversi.
"Mancarsi" parte da un'idea di fondo molto bella, il racconto dell'amore nelle sue sfaccettature più autodistruttive, ma ha, a mio parere, due problemi di fondo: innanzitutto un linguaggio un po' troppo arzigogolato, con periodi lunghissimi e un utilizzo compulsivo degli incisi tra parentesi che, sinceramente, non apprezzo troppo nei racconti perché trovo che appesantiscano la narrazione e ne spezzino il ritmo. Il secondo problema è l'impressione, del tutto personale, che De Silva si fermi un po' alla superficie della storia, come se si limitasse a raccontarci solamente quanto di più evidente si possa dei due protagonisti e delle loro vite. La sensazione, soprattutto per Irene, è di avere a che fare con personaggi "bidimensionali", che avrebbero potuto essere presentati e investigati in modo più profondo ed empatico. Ed è proprio questo che mi è mancato durante la lettura: l'empatia. Non riuscivo davvero ad immedesimarmi con Irene o Nicola perché sentivo intorno a loro troppa indulgenza da parte dello scrittore e un'esagerata autocommiserazione da parte di loro stessi. Non mi ha convinta.