“Sunset Park” è un romanzo di intrecci. Innumerevoli storie
e personaggi si incontrano o entrano in contatto mediante una serie di temi
trasversali che lo attraversano e che tutto collegano. Una di queste
connessioni è Miles Heller. Miles ha 28 anni, vive in Florida insieme alla
fidanzata minorenne Pilar, occupandosi di lavoretti occasionali e del proprio
hobby: fotografare oggetti abbandonati in case pignorate dalle banche. Da sette
lunghi anni è in esilio volontario dalla sua New York e da un passato di ombre
e traumi, dal quale è voluto fuggire. A causa della clandestinità del suo
rapporto con Pilar è costretto a scappare di nuovo, ripercorrendo a ritroso la
via che lo ha allontanato dalla sua vita precedente. Dovrà affrontare
dolorosamente i propri fantasmi, gli amici e la famiglia cha aveva abbandonato
senza una parola, ricostruire la sua esistenza laddove l’aveva interrotta nel
vano tentativo di espiare le proprie colpe.
In quest’opera di Auster tornano tutti i temi a lui più
cari: New York, il caso, il cinema, il baseball, la letteratura, la musica. I
personaggi del romanzo, numerosi, complessi, fragili come tutti i personaggi di
Auster, sono tutti collegati tra loro, anche quando non si incontrano (“Il
mondo è davvero piccolo” affermano Morris ed Enzo in una delle pagine finali),
da innumerevoli sottilissime connessioni: oltre a Miles, c’è la casa in Sunset
Park, occupata illegalmente; il film “I migliori anni della nostra vita”, dalla
letteratura. Migliaia di trame invisibili connettono gli abitanti di una New
York dove gli sfratti, i lavori saltuari e la crisi economica sono uno scenario
ormai comune, una New York che appare un paese dei balocchi per la giovane
Pilar e per le sue speranze, che appare una subdola tiranna, dalla quale non si
può più ripartire ma che succhia ogni energia e ogni sostanza, per coloro che
vi sono cresciuti o vi risiedono da anni. Un altro tema fondamentale è il destino.
Il caso, il fato hanno un ruolo fondamentale nelle esistenze di tutti i
personaggi: spesso gli uomini sembrano burattini che compiono azioni
controllate non dal loro libero arbitrio ma dal destino, che li fa incontrare,
scontrare, che li allontana a suo piacimento e secondo un disegno del tutto
incomprensibile. Anche quando ogni cosa sembra tornata nei giusti binari e un
lieto fine pare inevitabile, tutto può essere gettato all’aria
imprevedibilmente, come un castello di carte colpito da una folata di vento. Un
altro aspetto sicuramente interessante è l’incomunicabilità. Tutti i personaggi
hanno un mondo interiore ricco di ossessioni, segreti, ferite che però
risultano impossibili da esternare. Sono pochissimi i personaggi che riescono
ad uscire, anche solo momentaneamente, da questo sistema omertoso e parco di confidenze.
I rapporti tra i personaggi appaiono spesso molto superficiali mentre
connessioni profondissime in realtà si sono instaurate tra loro (si veda per
esempio il rapporto tra Bing e Miles). La comunicazione più difficoltosa però
appare quella tra genitori e figli, un tema che ricorre continuamente e detta
il ritmo dell’intera narrazione. È in questo contesto che si inserisce il ridondante
“I migliori anni della nostra vita”, un film per eccellenza sull’incomunicabilità
tra diverse generazioni.
Ci sono migliaia di altre cose che si potrebbero dire e che
si potrebbero discutere di “Sunset Park” (i personaggi femminili così
combattuti e oppressi dal loro ruolo di lavoratrici e di donne, il corpo e la
sessualità come mezzi di comunicazione, l’interesse spasmodico di Miles per gli
oggetti abbandonati e le lapidi del cimitero di Green-Wood) ma la complessità e
la bellezza di questo romanzo risiedono proprio in questa fitta rete di temi e
storie. Ogni lettore troverà nuovi targomenti su cui riflettere e nuove
connessioni che ai miei occhi sicuramente non si sono palesate. Certo è che non
è facile trovare al giorno d’oggi una prosa del calibro di quella di Auster.
Una vera perla.
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