mercoledì 11 luglio 2012

"Sunset Park", Paul Auster


“Sunset Park” è un romanzo di intrecci. Innumerevoli storie e personaggi si incontrano o entrano in contatto mediante una serie di temi trasversali che lo attraversano e che tutto collegano. Una di queste connessioni è Miles Heller. Miles ha 28 anni, vive in Florida insieme alla fidanzata minorenne Pilar, occupandosi di lavoretti occasionali e del proprio hobby: fotografare oggetti abbandonati in case pignorate dalle banche. Da sette lunghi anni è in esilio volontario dalla sua New York e da un passato di ombre e traumi, dal quale è voluto fuggire. A causa della clandestinità del suo rapporto con Pilar è costretto a scappare di nuovo, ripercorrendo a ritroso la via che lo ha allontanato dalla sua vita precedente. Dovrà affrontare dolorosamente i propri fantasmi, gli amici e la famiglia cha aveva abbandonato senza una parola, ricostruire la sua esistenza laddove l’aveva interrotta nel vano tentativo di espiare le proprie colpe.
In quest’opera di Auster tornano tutti i temi a lui più cari: New York, il caso, il cinema, il baseball, la letteratura, la musica. I personaggi del romanzo, numerosi, complessi, fragili come tutti i personaggi di Auster, sono tutti collegati tra loro, anche quando non si incontrano (“Il mondo è davvero piccolo” affermano Morris ed Enzo in una delle pagine finali), da innumerevoli sottilissime connessioni: oltre a Miles, c’è la casa in Sunset Park, occupata illegalmente; il film “I migliori anni della nostra vita”, dalla letteratura. Migliaia di trame invisibili connettono gli abitanti di una New York dove gli sfratti, i lavori saltuari e la crisi economica sono uno scenario ormai comune, una New York che appare un paese dei balocchi per la giovane Pilar e per le sue speranze, che appare una subdola tiranna, dalla quale non si può più ripartire ma che succhia ogni energia e ogni sostanza, per coloro che vi sono cresciuti o vi risiedono da anni. Un altro tema fondamentale è il destino. Il caso, il fato hanno un ruolo fondamentale nelle esistenze di tutti i personaggi: spesso gli uomini sembrano burattini che compiono azioni controllate non dal loro libero arbitrio ma dal destino, che li fa incontrare, scontrare, che li allontana a suo piacimento e secondo un disegno del tutto incomprensibile. Anche quando ogni cosa sembra tornata nei giusti binari e un lieto fine pare inevitabile, tutto può essere gettato all’aria imprevedibilmente, come un castello di carte colpito da una folata di vento. Un altro aspetto sicuramente interessante è l’incomunicabilità. Tutti i personaggi hanno un mondo interiore ricco di ossessioni, segreti, ferite che però risultano impossibili da esternare. Sono pochissimi i personaggi che riescono ad uscire, anche solo momentaneamente, da questo sistema omertoso e parco di confidenze. I rapporti tra i personaggi appaiono spesso molto superficiali mentre connessioni profondissime in realtà si sono instaurate tra loro (si veda per esempio il rapporto tra Bing e Miles). La comunicazione più difficoltosa però appare quella tra genitori e figli, un tema che ricorre continuamente e detta il ritmo dell’intera narrazione. È in questo contesto che si inserisce il ridondante “I migliori anni della nostra vita”, un film per eccellenza sull’incomunicabilità tra diverse generazioni.
Ci sono migliaia di altre cose che si potrebbero dire e che si potrebbero discutere di “Sunset Park” (i personaggi femminili così combattuti e oppressi dal loro ruolo di lavoratrici e di donne, il corpo e la sessualità come mezzi di comunicazione, l’interesse spasmodico di Miles per gli oggetti abbandonati e le lapidi del cimitero di Green-Wood) ma la complessità e la bellezza di questo romanzo risiedono proprio in questa fitta rete di temi e storie. Ogni lettore troverà nuovi targomenti su cui riflettere e nuove connessioni che ai miei occhi sicuramente non si sono palesate. Certo è che non è facile trovare al giorno d’oggi una prosa del calibro di quella di Auster. Una vera perla.

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