Il piccolo
Collin Fenwick rimane orfano e viene affidato alle cure di due cugine
sessantenni. Le due sorelle Talbo non potrebbero essere più diverse: Verena,
avida, fredda, mascolina, gestisce il patrimonio e gli affari familiari, Dolly,
dolce, fatua, eterea, rimane chiusa nella sua camera rosa e nella cucina,
prendendosi cura di Collin insieme alla governante e amica Catherine. Dolly si
occupa anche della produzione di un rimedio naturale contro l’idropisia. Quando
Verena viene a conoscenza del giro d’affari e della piccola fortuna della
sorella, e pretende di entrare in possesso della ricetta segreta, Dolly, Collin
e Catherine fuggono di casa trovando rifugio in una casetta costruita su un
albero di sicomoro.
Questo racconto
di Capote ricorda, per la sua ambientazione, “Il buio oltre la siepe” dell’amica
Harper Lee. Tuttavia la storia e i suoi personaggi sono quelli di una favola,
dolce e malinconica. A personaggi terreni, “normali”, si mescolano personaggi
incredibili, stravaganti, e di ognuno di loro, attraverso il proprio personale
racconto, attraverso i ricordi e le dicerie altrui, veniamo a scoprire la
storia. Una sfilza di piccoli e semplici racconti di vita, più o meno
veritieri, che conducono il lettore nel profondo Sud degli Stati Uniti.
La storia e
i personaggi sono ispirati all’infanzia di Truman Capote e in particolare il
personaggio di Dolly è ricalcato sulla cugina dello scrittore, Sook Faulk. A detto
dello stesso Capote questa fu la sua opera meglio riuscita e che gli diede
maggiori soddisfazioni. Di certo con il suo torno infantile, le atmosfere a
cavallo tra realtà e fantasia, e la storia dolce e fantastica che ci ha
raccontato, Capote riesce ad infondere nel lettore un senso di calore, di
tenerezza, di rinnovata fiducia nell’umanità.
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