“Il profumo
delle foglie di limone” è un romanzo controverso. Da un lato ci racconta una
storia con un certo spessore emotivo, culturale e storico, dall’altro tende a
scivolare in toni da romanzo rosa e con una serie di banalità un po’ troppo
evidenti per i miei gusti (non ultimo lo stile della scrittrice che risulta
decisamente lineare e canonico, un po’ come se si trattasse di un tema
scolastico).
Sandra è una
ragazza problematica che aspetta un figlio da un uomo che non è sicura di
amare, non ha un lavoro né un apparente scopo nella vita. Decide di trascorrere
l’autunno nella casa al mare della sorella, in Costa Blanca, per sfuggire dalla
sua pressante famiglia e anche da se stessa e dai suoi dubbi esistenziali. È qui
che la giovane donna incontra una coppia di gentili e simpatici vecchietti
norvegesi, Karin e Frederik Christensen. I due decidono di assumerla come dama
di compagnia di Karin e di ospitarla a casa loro. La ragazza, sola e senza
prospettive, accetta di buon grado, ma ben presto si accorgerà che i due
nascondono alcuni terribili segreti. È grazie a Juliàn, un ottuagenario venuto
dall’Argentina per vendicarsi dei propri carnefici, che Sandra scoprirà che i
Christensen e i loro amici altri non sono che ex gerarchi nazisti che hanno
trovato rifugio sulle assolate coste spagnole, dove conducono una vita lussuosa
ma defilata e dove godono i benefici di un misterioso elisir di lunga vita per
cui sarebbero disposti a qualunque cosa.
La storia è
a suo modo appassionante e anche la scelta della Sanchez di raccontarla a due
voci, Sandra e Juliàn, è una scelta azzeccata, vista la differenza di età e di
punti di vista dei due protagonisti la narrazione ne risulta arricchita. Tuttavia
il mondo che ci dipinge è piatto: tutto è bianco oppure nero. I buoni sono
buonissimi, i cattivi sono cattivissimi (ok, stiamo parlando di SS!). L’unico
personaggio che sembra sfuggire a quest’ordine manicheo delle cose è il
misterioso Alberto, ma sul finale prevedibilmente anche lui entrerà a far parte
di una o dell’altra fazione. A questo si unisce una certa pretesa di
attendibilità storica, per esempio inserendo il personaggio reale di Aribert
Heim che vive su una barca attraccata in un porticciolo e va a comprare il
pesce al mercato, che a tratti è un po’ troppo azzardato (a mio umilissimo
parere). Per i miei gusti personali non sempre la semplificazione estrema porta
a qualcosa di positivo. I personaggi e le situazioni nel complesso risultano appiattite,
senza le sfumature che rendono ricca di sapori e colori la vita reale. Onore però
al non aver scritto una consueta storia d’amore tra giovani, belli e magari poveri
e ad anche concluso il racconto in modo non del tutto prevedibile. Anche l’attenzione
prestata alle sensazioni e ai sentimenti di persone molto anziane è sicuramente
molto apprezzabile.
Per concludere
un enorme dubbio esistenziale che mi sono posta fino all’ultima riga del
romanzo: ma cosa c’entrano ‘ste foglie di limone? Una tirata d’orecchi alla Garzanti
per questa omologazione tutta italiana dei titoli dei best-sellers internazionali.
Per la cronaca il titolo originale è “Lo que esconde tu nombre”.