giovedì 20 dicembre 2012

"Vergogna", J.M. Coetzee


David Laurie è un professore di letteratura all’università di Città del Capo che conduce una monotona e rispettabile vita da uomo di mezza età, divorziato, che si divide tra attività accademica e l’ambizioso progetto di un’opera in musica e versi sulla vita di Byron. Generalmente risolve le sue impellenze sessuali affidandosi a prostitute di alto bordo, ma un giorno riesce a concupire una giovane studentessa del suo corso, Melanie Isaacs, trascinandola in un affaire ambiguo, che presto assume i contorni di una vera e propria violenza. La giovane donna, col sostegno del fidanzato e del padre, denuncia Laurie per molestie e il professore, ostinato nella propria mancanza di pentimento, viene allontanato dalla propria cattedra e si rifugia presso la fattoria di sua figlia Lucy, una donna sola che tira avanti con il duro lavoro nei campi e un piccolo rifugio per cani, con il solo aiuto di un affittuario, Petrus. Il destino, inesorabile, si realizza con un terribile contrappasso per David: tre uomini assaltano la fattoria e puniscono Lucy per la propria indipendenza, la sottomettono alle dure regole di un Sudafrica ancora dilaniato dall’odio e dalla povertà, la obbligano a sottostare al tacito potere di un sempre più forte Petrus.
“Vergogna” è un romanzo complesso, profondo e, soprattutto, terribilmente doloroso. Ciò che maggiormente colpisce è la totale assenza di speranza che permea l’intera opera. La storia si svolge in un mondo che lentamente sta marcendo e che non ha modo di essere guarito, ci sono solo vite che vanno abbandonate al loro triste destino di miseria. L’unico luogo che sembra affidarsi alla giustizia e all’etica è l’Ateneo che caccia Laurie, ma, proprio perché circondato da un così oscuro scenario, anch’esso perde in credibilità e comincia ad apparire ben presto come una mera messinscena perbenista. Emblema di questo cosmo privo di speranza sono i cani della clinica dove David lavora, che lentamente vengono soppressi perché non c’è un posto per loro nel mondo e che il protagonista non può salvare, può solo accompagnare al triste trapasso con tutta la pietà e la dolcezza di cui è capace. La stessa disgrazia di Lucy e la storia della sua fattoria sono simbolicamente rappresentative della storia di un Paese post-apartheid che non riesce a superare il suo passato coloniale e a trovare un equilibrio al suo interno, ma che riesce solo nella cieca vendetta a trovare uno sfogo alle proprie miserie.
Proprio per la sua intrinseca complessità e per il dolore e l’angoscia che traspaiono da ogni parola, quest’opera del premio Nobel J.M. Coetzee non è di certo di facile lettura. Sicuramente sconsigliato a chi è sensibile alle violenze sugli animali e sulle donne. Per tutti gli altri un ottimo spunto di riflessione sulla condizione umana e sulla decadenza delle società post-coloniali.

Nessun commento:

Posta un commento