David Laurie
è un professore di letteratura all’università di Città del Capo che conduce una
monotona e rispettabile vita da uomo di mezza età, divorziato, che si divide
tra attività accademica e l’ambizioso progetto di un’opera in musica e versi
sulla vita di Byron. Generalmente risolve le sue impellenze sessuali
affidandosi a prostitute di alto bordo, ma un giorno riesce a concupire una
giovane studentessa del suo corso, Melanie Isaacs, trascinandola in un affaire ambiguo,
che presto assume i contorni di una vera e propria violenza. La giovane donna,
col sostegno del fidanzato e del padre, denuncia Laurie per molestie e il
professore, ostinato nella propria mancanza di pentimento, viene allontanato
dalla propria cattedra e si rifugia presso la fattoria di sua figlia Lucy, una
donna sola che tira avanti con il duro lavoro nei campi e un piccolo rifugio
per cani, con il solo aiuto di un affittuario, Petrus. Il destino, inesorabile,
si realizza con un terribile contrappasso per David: tre uomini assaltano la
fattoria e puniscono Lucy per la propria indipendenza, la sottomettono alle
dure regole di un Sudafrica ancora dilaniato dall’odio e dalla povertà, la
obbligano a sottostare al tacito potere di un sempre più forte Petrus.
“Vergogna” è
un romanzo complesso, profondo e, soprattutto, terribilmente doloroso. Ciò che
maggiormente colpisce è la totale assenza di speranza che permea l’intera
opera. La storia si svolge in un mondo che lentamente sta marcendo e che non ha
modo di essere guarito, ci sono solo vite che vanno abbandonate al loro triste
destino di miseria. L’unico luogo che sembra affidarsi alla giustizia e all’etica
è l’Ateneo che caccia Laurie, ma, proprio perché circondato da un così oscuro
scenario, anch’esso perde in credibilità e comincia ad apparire ben presto come
una mera messinscena perbenista. Emblema di questo cosmo privo di speranza sono
i cani della clinica dove David lavora, che lentamente vengono soppressi perché
non c’è un posto per loro nel mondo e che il protagonista non può salvare, può
solo accompagnare al triste trapasso con tutta la pietà e la dolcezza di cui è
capace. La stessa disgrazia di Lucy e la storia della sua fattoria sono
simbolicamente rappresentative della storia di un Paese post-apartheid che non
riesce a superare il suo passato coloniale e a trovare un equilibrio al suo
interno, ma che riesce solo nella cieca vendetta a trovare uno sfogo alle
proprie miserie.
Proprio per
la sua intrinseca complessità e per il dolore e l’angoscia che traspaiono da
ogni parola, quest’opera del premio Nobel J.M. Coetzee non è di certo di facile lettura. Sicuramente
sconsigliato a chi è sensibile alle violenze sugli animali e sulle donne. Per tutti
gli altri un ottimo spunto di riflessione sulla condizione umana e sulla
decadenza delle società post-coloniali.
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