“Amsterdam” è un romanzo breve di McEwan che assume i tratti di una tragicommedia quasi surreale e di una cattiveria graffiante. Al centro del racconto sono quattro uomini che si incontrano al funerale di Molly Lane: il marito George, e i suoi tre amanti, Clive Linley, compositore di fama internazionale e osannato dalla critica, Vernon Halliday, direttore di un quotidiano in declino, e Julian Garmony, Ministro degli Esteri in lizza per diventare nuovo premier. I destini dei quattro uomini si intrecciano in una catena di vendette e di ripicche, che li portano a mettere in discussione l’amicizia che li lega, le loro vite personali e addirittura a minare la loro carriera professionale. È lecito tentare di distruggere la vita di un politico sfruttando una sua debolezza personale, anche se questo politico rischia di portare l’intero Paese verso il baratro? E, per seguire la propria ispirazione, è giusto ignorare completamente il mondo che ci circonda, tanto da lasciare una donna nelle mani di uno stupratore seriale? McEwan, con il suo umorismo al limite del grottesco, ci conduce in un mondo tragicomico in cui, a ben pensare, le situazioni surreali che si creano non sono poi tanto distanti dalla realtà quotidiana, e gli uomini non sono che lupi affamati di successo, di gloria e di vendetta. I personaggi sono tanto negativi da risultare buffi e la loro mancanza di etica serve a McEwan per dipingere il mondo arido di moralità in cui viviamo.
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