venerdì 16 marzo 2012

"Addio alle armi", Ernest Hemingway


Frederic Henry è un giovane americano che, durante il primo conflitto, presta servizio volontario nell’esercito italiano come autista di ambulanze. Accampato con i gradi maggiori a Gorizia conosce, per mezzo del suo amico medico Rinaldi, la bella e strana Catherine Barkley (citata, per chi volesse saperne di più, anche in una lettera di J.D. Salinger allo stesso Hemingway, per via dell'epicità del personaggio stesso), un’infermiera inglese con la quale comincia a frequentarsi nel tempo libero. Se in un primo momento la guerra sembra solo un eco lontano di detonazioni oltre le montagne, e la vita del protagonista trascorre, nel limite del possibile con tranquillità, la sua presenza e la sua intensità crescono di giorno in giorno fino al ferimento di Frederic sul Carso. In seguito all’incidente il protagonista trascorre una lunga degenza a Milano ed è qui che sboccia con la bella Catherine un amore profondo e disperato. Frederic torna al fronte proprio in concomitanza con la disfatta di Caporetto e partecipa alla tragica ritirata dell’esercito verso Udine. La drammaticità di quei momenti, la violenza della guerra e la miseria dei suoi protagonisti convincono il tenente Henry a disertare e a tornare da Catherine. I due riescono a fuggire in Svizzera, ma come ogni grande e epico amore, il destino si oppone.
“Addio alle armi” è stato uno dei romanzi più cari ad Hemingway ed anche uno dei più sofferti, com’egli stesso racconta in una nota introduttiva. La vicenda è liberamente ispirata all’esperienza dello scrittore come autista di ambulanze in Italia durante la prima guerra mondiale e alla rovinosa ritirata in Tracia del 1922, alla quale assistette come giornalista. Il leitmotiv dell’intero romanzo è da un lato lo spirito antibellico, che cresce durante lo svolgersi della trama, ma anche l’amore disperato e totalizzante dei due protagonisti. Il disgusto per la guerra viene espresso non solo dal protagonista ma anche dai soldati italiani che egli incontra al fronte e durante la ritirata. Essi sono convinti che gli italiani odiano quella guerra e che il pensiero opposto si può trovare solo nella propaganda. Per questo motivo (oltre che per la poco eroica descrizione del comportamento dell’esercito italiano durante la ritirata e ad una presunta antipatia personale di Mussolini per Hemingway, nata dopo ad un’intervista del 1922) il libro fu bandito dal regime fascista e Fernanda Pivano, traduttrice di una versione clandestina, fu arrestata nel 1943 a Torino. Come anticipato il secondo grande tema del romanzo è l’amore. Questo è il mezzo del protagonista per sfuggire alle brutture della guerra ed è vero e proprio mondo parallelo in cui rifugiarsi. Il pathos ma anche la sensazione di drammaticità crescono di pagina in pagina fino al tragico epilogo. La grandezza di Hemingway sta non solo nel riuscire ad incutere queste sensazioni di angoscia e inquietudine nel lettore pur egli restando neutrale narratore, ma anche nel suo inconfondibile stile che riesce a risultare scarno e giornalistico e allo stesso tempo ricco di minuzie e particolari preziosi. “Addio alle armi” rappresenta un vero e proprio manifesto della cosiddetta Generazione Perduta, che rinuncia all’eroismo, alla gloria e alla fine non riesce a convivere neppure con l’amore.

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