“Una donna”
è l’autobiografia, con poche piccole variazioni, dei primi trent’anni di vita
della grande scrittrice Sibilla Aleramo, ed è anche la storia di tante donne
dalla notte dei tempi ad oggi. Trasferitasi ragazzina nel centro-sud d’Italia
da Milano, la protagonista subisce uno stupro da parte di uno degli impiegati
del padre e deve, in un secondo tempo, stare ad un matrimonio riparatore con il
suo stesso carnefice. Se in un primo momento, ancora ragazzina ingenua ed
illusa, essa pensa di poter amare quell’uomo, ben presto la sua vita diventa un
vero e proprio incubo di solitudine, violenza e umiliazioni. Lo spirito
discretamente libero con cui essa è stata educata, viene spazzato via da un
marito che la costringe ad un isolamento forzato. La vita priva di qualunque
sentimento della ragazza viene riscattata dalla maternità, dall’amore
incondizionato e dal rapporto simbiotico che essa instaura col figlio. Dopo un
tentativo di suicidio l’unica consolazione della protagonista, oltre al
bambino, diventa la scrittura, tanto da portarla a Roma a lavorare presso una
rivista femminile. Qui respira il clima nuovo di un femminismo che sta
nascendo, con le sue speranze e con le sue contraddizioni. La libertà, la
voglia di emancipazione, gli esempi di donne coraggiose e forti che incontra,
la fanno riflettere sul suo ruolo nel nucleo familiare disastrato e, più in generale,
sul ruolo della donna in una società in cui essa è angelo del focolare da
proteggere dal mondo esterno ma completamente abbandonata alle violenze e alle
angherie del proprio uomo.
La
caratteristica sconvolgente di questo romanzo, a mio avviso, è che fu
pubblicato nel 1906. I temi trattati, la schiettezza del linguaggio, sono
impensabili per l’epoca e lo rendono un’opera moderna. Ebbe immediatamente un
enorme successo sia in Italia che all’estero proprio perché rappresenta uno dei
primi romanzi femminili e femministi. Lo stile della Aleramo è spesso semplice
e un po’ ingenuo, sia a causa della sua giovane età, sia per la sua
preparazione autodidatta e poco approfondita. La scrittrice tenta di descrivere
un’epoca di cambiamenti e di trasmetterci lo spirito di rivoluzione e di presa
di coscienza che investì tutta la società: gli operai nelle fabbriche che
iniziano a reclamare i propri diritti, lo smarrimento del mondo borghese di
fronte al vacillare dei valori tradizionali, il ruolo degli scrittori e la loro
visione del mondo, e poi ovviamente il tema principale che è la donna. L’ispirazione
è quella palese a “Casa di bambola” di Henrik
Ibsen, uscito nel 1879 e considerato uno dei primi esempi di opera
femminista, che viene spesso citato dalla scrittrice (addirittura la
protagonista a Roma assiste ad una sua messa in scena). La spirale di violenze
e insoddisfazioni che Sibilla Aleramo descrive, prendendo ad esempio le vite
sua e di sua madre, e che essa decide di spezzare fuggendo, è la storia
purtroppo di tante donne nei secoli e di molte donne ancora oggi. Il marito che
diventa carnefice, l’uomo che violenta, picchia, umilia, sono purtroppo ancora
oggi una durissima realtà. Anche se molti passi avanti sono stati fatti nel
nostro Paese, le donne sono ancora troppo spesso vittime di un amore che non è
amore, e la società fatica a difenderle senza se e senza ma (se n’è parlato moltoultimamente). Questo breve romanzo serve per ricordarci che alcuni temi
continuano ad essere tristemente d’attualità e che le donne devono continuare a
lottare e a non arrendersi di fronte ai soprusi di cui sono vittime, perché una
speranza c’è, anche se molto coraggio e dolore sono richiesti per poterla
trasformare in realtà.
Nessun commento:
Posta un commento