martedì 26 marzo 2013

"La Fata Carabina", Daniel Pennac


Sono rimasta talmente coinvolta dalla lettura de “Il paradiso degli orchi” che mi sono subito lanciata a capofitto in quella de “La fata Carabina”, secondo capitolo della saga di Malaussène. Sono passati pochi mesi dagli eventi narrati nel primo libro, Benjamin Malaussène ha perso il lavoro al Grande Magazzino ma è stato prontamente assunto dalla direttrice di una prestigiosa casa editrice parigina, la crudele Regina Zabo. Il suo compito è sempre lo stesso, quello che gli riesce meglio: il capro espiatorio. La sua famiglia è sempre strampalata e ora anche la Mamma è tornata, più incinta che mai, all’ormai decimo mese di gravidanza. Ad essere cambiato, rispetto al racconto precedente, è però il clima. Belleville si è incupita, una serie di tragici eventi si susseguono e tutti hanno per protagoniste persone anziane: vecchiette insospettabili freddano poliziotti a colpi di P38, un assassino seriale sgozza con un rasoio anziane donne per rubare loro la pensione, ma soprattutto una misteriosa infermiera comunale regala amfetamine ai pensionati soli e depressi. Possibile che questi fatti siano tutti correlati? Questa è l’ipotesi di Zia Julia, ormai Julie, che indaga per una delle sue inchieste giornalistiche e nel frattempo affida ai Malaussène gli anziani tossici per una casalinga riabilitazione. Ogni ragazzo ha in custodia un anziano, che cerca di distrarre e tenere occupato per evitare che si metta alla ricerca della propria dose. In particolare Thérèse sfrutta la sua arte divinatoria per tirar su loro il morale e donare nuove speranze. Alla morte dell’ispettore Vanini, anche la polizia, e in particolare il misterioso ispettore Pastor, nei suoi maglioni di lana, e l’ispettore Thian che vive nel quartiere sotto le mentite spoglie della vedova Ho, si mette finalmente ad indagare sugli strani fatti di Belleville e, manco a dirlo, tutte le piste sembrano portare al solito capro espiatorio, il santo Benjamin Malaussène. Riuscirà questa volta a dimostrare la sua innocenza e a smascherare i veri colpevoli?
Anche in questo romanzo Pennac riesce saggiamente a creare un noir dal ritmo travolgente. Ogni tassello torna lentamente al suo posto, nonostante questa volta la trama sia ben più complicata che ne “Il paradiso degli orchi”. Il racconto è talmente avvincente che difficilmente si riesce a chiudere il libro, se ne resta calamitati. In questo caso il clima si fa decisamente più cupo e le violenze più efferate, ma Pennac non perde mai la sua scrittura spensierata e ironica. Se iniziate non potrete più smettere.

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