La mia segreta
passione/debolezza sono i grandi romanzi d’amore classici. Ho cavalcato per
la brughiera con Catherine e Heathcliff,
ho soccorso l’infermo Mr Rochester insieme a Jane Eyre, ho palpitato d’amore
per Mr Darcy, mi sono indignata per la superficialità di Emma.
Le mie aspettative nei confronti di questo romanzo
erano piuttosto elevate. Ma, aimè, Anne Brönte non è le sue sorelle e ne risulta che Agnes Grey
non possiede l’indomito fervore di Catherine Earnshaw in “Cime tempestose”, né la bontà, la generosità e la
risolutezza di Jane Eyre. Agnes è una povera figlia di pastore che, spinta in
parte dalla mancanza di mezzi della propria famiglia sia da un proprio capriccio
personale, decide di intraprendere la carriera di governante. Il suo racconto
si dipana tra famiglie di ricchi parvenu che la maltrattano (e ai quali la
protagonista non risparmia aspre critiche), fanciulli capricciosi e violenti, giovani
ereditiere vanesie, affettate e superbe, poveri curati di campagna che non
fanno che visitare infermi e proclamare sermoni nelle funzioni domenicali. Si
tratta di una storia parecchio noiosa in cui non accade mai nulla di
significativo e in cui ogni piccolo evento viene raccontato dalla protagonista allo
scopo di declamare la propria superiorità morale e quella del suo innamorato,
camuffandola poi con qualche scusa e finta modestia. Insomma Agnes Grey conduce
una vita che ha ben poco di memorabile e ce la narra dal suo punto di vista,
quello di un’acida bacchettona moralista.
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