mercoledì 28 agosto 2013

"Nemesi", Philip Roth


In questo romanzo breve Philip Roth approfondisce il tema a lui caro del decadimento dell’uomo comune e del piccolo borghese, in particolare nel contesto della comunità ebraica americana. Bucky Cantor è un professore di ginnastica che durante la torrida estate del 1944 gestisce un campo per i ragazzini del quartiere ebraico di Newark. È atletico, forte e nobile ma a causa della sua scarsa vista è stato esonerato dal servizio militare, infamia che gli pesa quotidianamente. Mentre i suoi amici sono in Europa a combattere contro i tedeschi, Bucky passa le sue giornate organizzando tornei di softball per i ragazzi del quartiere. Ma la sua regolare vita, fatta di attività fisica, risolutezza, onore, una fidanzata bella e innamorata che gli permetterà di ottenere quel riscatto sociale e quell’ascesa che tanto desidera, di colpo passa da essere il sogno di un ragazzo che sta ottenendo quanto desidera dalla vita, ad un incubo. A Newark scoppia una terribile epidemia di polio che si insinua ovunque, anche nel suo campo. Con i primi bambini malati arrivano anche le prime vittime innocenti e la mente di Bucky, sempre equilibrato e coraggioso, comincia a vacillare per un senso di colpa terribile e immotivato. Lentamente la sua esistenza precipita verso il baratro con un ritmo che diventa inarrestabile.
Il tema del personale fallimento e del decadimento tornano in questo romanzo breve di Roth. Se in “Pastorale americana” il crollo avveniva per via di uno scandalo familiare, qui è la malattia (sia la polio che la fragilità mentale del suo protagonista) a causare la catastrofe. Anche in questo caso da un evento storico drammatico e universale scaturisce una tragedia personale (“Ho capito che a Weequahic nel 1944 avevo vissuto una tragedia sociale della durata di un’estate che non doveva necessariamente diventare una tragedia personale della durata di una vita”). Bucky è un ragazzo cresciuto in modo spartano da un nonno molto forte, che gli ha instillato uno spropositato senso del dovere e della responsabilità. E se questo gli permette di risultare una persona assennata, matura e responsabile nei momenti di tregua, quando scoppia una battaglia risulta assolutamente inadatto a saperla gestire, trasformando perennemente se stesso in un capro espiatorio. La sua stessa indole diventa una bomba a orologeria che lo fa esplodere.
Io amo Roth (“Pastorale americana” è uno dei miei romanzi americani preferiti) e la sua scrittura, e anche in questo romanzo più breve ho ritrovato tutti gli elementi che me lo fanno adorare: profonda investigazione dell’animo umano, trasformazione di una sciagura universale in una tragedia personale, scrittura bella e ritmo mozzafiato, in un crescendo continuo verso la tragedia. 

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