venerdì 30 agosto 2013

"L'inverno del nostro scontento", John Steinbeck


Long Island, 1960. Ethan Allen Hawley è commesso di un negozio di alimentari e padre di famiglia amorevole. Conosciuto da tutti per la propria moralità e onestà, Ethan proviene da una ricca famiglia di balenieri ormai decaduta a causa delle ingenti perdite causate da cattivi investimenti da parte di suo padre dopo la Seconda guerra mondiale. L’unica cosa che resta delle passate glorie è la casa padronale in cui vive con la moglie Mary e i due figli adolescenti Ellen e Allen, oltre ad un baule pieno di ricordi e una laurea ad Harvard. Egli pare non avere ambizioni né desideri di rivincita, ma solo un forte senso del dovere e della giustizia. La sua quieta e misera vita routinaria viene però erosa giorno dopo giorno dalle persone che lo circondano: Mary e i due figli non fanno che fargli pesare la loro povertà e loro basso status sociale, il proprietario del negozio in cui lavora e che un tempo era appartenuto agli Hawley, un siciliano di nome Marullo, tenta di insegnargli come ingannare i clienti, il signor Baker, proprietario di una banca ed amico di vecchia data della sua famiglia, lo accusa di non essere intraprendente e cerca di trasmettergli i trucchi per diventare uno spregiudicato uomo d’affari. La profonda nobiltà d’animo di Ethan e la sua estrema serietà gli hanno sempre impedito di comportarsi in modo iniquo o disonesto ma un giorno, esasperato dalle pressioni esterne dei suoi cari e dalla sensazione sempre più pressante di non aver il posto nel mondo che merita, la luce di onestà che lo illumina si spegne improvvisamente ed egli mette a punto uno spietato piano per arricchirsi, sulla base del motto “soldi fanno soldi”.
Steinbeck scrisse questo libro nel 1961 ed è l’ultimo romanzo pubblicato in vita (“In viaggio con Charley” del ‘62 è una sorta di travelogue, un diario di viaggio). Nel 1962 venne insignito del premio Nobel per la letteratura per il suo lavoro che durava ormai da quasi trent’anni. L’attenzione di Steinbeck per i problemi sociali, il fallimento dell’uomo e per i peccati veniali dell’America degli anni Cinquanta e Sessanta, che gli valsero l’onorificenza, sono tutti pulsanti e vivi nella storia di Ethan e delle pressioni che lo stile di vita americano impone ai suoi cittadini. La vera poetica del romanzo è racchiusa probabilmente in questa frase:

“Gli ci volle del tempo per imparare come van le cose in America, ma lo imparò, lo imparò eccome. ‘Bisogna fare la grana. Questo è il punto primo!”. 
Lo imparò. Non è scemo. Stette attento al primo punto.”

Ethan è emblema dell’uomo onesto che viene schiacciato e sconfitto dal sistema. L’unico modo per riscattarsi è il denaro, e questo pare poter provenire solo da atti fraudolenti e disonesti. Rinnegare il proprio onore, la propria coscienza e i propri valori, nonché i propri stessi fratelli, questa la parabola che porta alla ricchezza e al rispetto nell’America di Steinbeck. Ethan ne uscirà distrutto, ma lo capirà troppo tardi e non tanto per la voce della sua coscienza, ormai sopita, quanto nel vedere suo figlio, che ambisce ad una fatua carriera televisiva, imbrogliare e non provare alcun rimorso, e nell’intravedere in quel piccolo mostro ciò che egli stesso è diventato.
Un romanzo di denuncia morale e sociale sullo stile di “Furore”. Una scrittura secca e dura, quasi telegrafica, senza toni apertamente accusatori o moralisti, per lasciar spazio solo ai fatti e alla condanna netta che da essi trapela. 

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