Quando la vita quotidiana si fa stressante e
faticosa, e ho bisogno di una lettura rilassante e che mi permetta di staccare
davvero la spina, ecco che mi lancio nella lettura di uno degli innumerevoli
gialli di Agatha Christie. È quasi un rito ormai: la sua scrittura lineare,
limpida, in cui tutto viene snocciolato con cura, la certezza che alla fine
l’eccentrico Hercule Poirot o la volitiva Miss Marple giungeranno ad una
soluzione, contro ogni aspettativa, e il bene in qualche modo trionferà, sono
un vero e proprio mantra per me.
Questa volta mi sono buttata su “Le fatiche
di Hercule”. In questo romanzo il nostro illustre ispettore belga dai
baffi inconfondibili, si cimenta in una vera e propria impresa epica: sente
ormai il bisogno di ritirarsi dall’attività di investigatore privato per vivere
in campagna e dedicarsi alla coltivazione delle zucche (ortaggi meravigliosi nell’aspetto
ma dal sapore troppo acquoso), ma prima di allora si pone come obiettivo di
risolvere dodici casi che in qualche modo gli risultino collegati con le
celeberrime dodici fatiche del suo omonimo mitologico Ercole. Si tratta di
dodici racconti uniti da questo particolare filo conduttore che spaziano in
tutto il corollario dei crimini in cui un investigatore privato del calibro di
Poirot possa essere coinvolto: si va dal rapimento con estorsione di cagnolini
di lusso, omicidi misteriosi (come può in un romanzo della Christie non
comparire il suo vecchio amico arsenico?), passando per la ricerca di una donna
misteriosa sparita nel nulla o il tentativo di debellare una setta
specializzata in rapine ad anziane vedove facoltose. Il tutto ovviamente in
pieno stile Christie. Preparatevi una tazza di the (per entrare nel giusto
spirito inglese) e godetevi uno dei suoi gialli. E non temete, Poirot, pur non
dichiarandolo apertamente alla fine del romanzo, sarà protagonista di numerose
indagini dopo le sue dodici fatiche. Le zucche probabilmente potevano
aspettare.
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