Ho deciso di leggere questo libro per prendermi una sorta di “pausa emotiva” dopo “Cassandra”, che mi aveva molto provata, quasi prosciugata (mi ha fatta piangere molto e con i libri mi capita di rado!). Quale miglior lettura di un distensivo giallo alla vecchia maniera? Comincio dicendo che Agatha Christie è sempre Agatha Christie. È impensabile immaginare un qualunque altro scrittore descrivere un delitto efferato e poi subito dopo servire un the delle cinque ai suoi personaggi senza cadere nell’ironia o nello splatter. Lei invece ci riesce con tranquillità, con naturalezza. La sua classe e il suo sottile umorismo britannico non hanno uguali.
“Dieci piccoli indiani” è stato scritto nel 1939 e, non fatevi ingannare, il titolo è assolutamente fittizio. L’originale è “Ten little niggers” e infatti all’interno del romanzo questi benedetti indiani non compaiono mai, bensì sentirete parlare spesso dei “negretti”. Questo perché ovviamente “nigger” ha un’accezione razzista e dispregiativa, ma la cosa curiosa è che solo il titolo è stato modificato e non il testo. Una decisione assai stramba ma si sa, le scelte dei traduttori spesso sono discutibili. Quest’opera rappresenta un’evoluzione del modello di giallo a “camera chiusa” classico, già visto nel noto “Assassinio sull’Orient Express”. In questo caso però è assente la figura dell’investigatore, del personaggio super partes di cui non si sospetta e che mantiene un certo ordine e un certo grado di giustizia. In questo romanzo non ci sono investigatori ma solo dieci personaggi, apparentemente comuni e banali, che si incontrano su una piccola isola, Nigger Island. Ben presto si scoprirà che tutti sono caduti in una trappola escogitata per eliminarli ad uno ad uno e per far loro espiare una serie di omicidi per i quali non sono stati puniti dalla legge ordinaria. La tensione cresce via via che gli omicidi si susseguono, sul ritmo di una poesia per bambini intitolata “Dieci negretti” e alla quale l’assassino si ispira nella sua sequenza di orrori. Nessuno è al di sopra di ogni sospetto, tutti indagano e si osservano, mentre meditano sulle colpe da loro commesse e nascondono, anche a loro stessi, molte verità. Il concetto di camera chiusa estremizzato crea nel lettore un’inquietudine che difficilmente si trova in altri romanzi della Christie. Una nota: è impossibile capire l’assassino, non ci provate, al massimo potreste sospettarlo!
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